Non ha mai rivestito cariche elettive, ma ha fatto politica sin da quando aveva i calzoncini.
Uomo di partito, che non disdegna la militanza “dietro le quinte” ma che sa anche rispondere “ci sono” e non esita a mettersi in prima fila, quando c’è da dare una virata. Uomo quindi anche del cambiamento, visto come un passo evolutivo ulteriore. Anche quando questo significa sposare un progetto civico.
Un progressista a tutti gli effetti, con una decennale storia di sinistra alle spalle. Con Rino Licata (nella foto) , segretario del movimento “Una buona Idea”, continuiamo la serie delle interviste agli esponenti dei partiti/movimenti di maggioranza ed opposizione, in seno al consiglio comunale.
– La sua passione politica esplode sin da giovane, assumendo il ruolo di segretario di sezione nel Pci e fu il primo in città ad abbracciare la “svolta della bolognina” con il passaggio al Pds, cui seguì quello ai Ds. Dopo una lunga militanza nella sinistra, arriva la “svolta civica” con “Una Buona Idea” di cui è attuale segretario politico. Ce ne spiega le ragioni?
«Innanzitutto ci tengo a precisare che la mia non è stata una scelta di tipo opportunistico, sul piano squisitamente politico. Sono ben altre le scelte di questo tipo. In secondo luogo, la mia adesione al “civismo” non è un non credere più nel ruolo dei partiti, anche perché significherebbe negare radicalmente il mio vissuto politico. Io continuo a credere nei partiti che sanno selezionare una classe dirigente affidandole, quando è pronta, le chiavi del futuro. Non credo ai partiti leaderistici, così come ai partiti degli eletti. Non credo ai partiti che si identificano a singoli uomini. Credo ai partiti radicati nei territori. Oggi, non ne vedo in giro. Quando ho accettato l’invito di alcuni amici, entrando in questo progetto civico a difesa del territorio, mi sono buttato a capofitto. E sono entrato quando il movimento era già nato, conquistato dall’idea di intercettare tutto il malcontento dei cittadini verso i partiti. La mia è stata, dunque, una scelta dettata una valutazione concreta della realtà che stiamo vivendo. Lucida perché senza pregiudizi ideologici o di posizionamento. L’obiettivo era e rimane Gela».
– Una Buona Idea è stato il motore principale di un’iniziativa civica che è finita poi con allearsi con alcuni partiti, imponendo loro di rinunciare al simbolo, in una coalizione variegata a sostegno di Lucio Greco, comunque premiata dall’elettorato. A distanza di mesi che opinione si è fatta delle ultime elezioni amministrative?
«Nella fase calda delle consultazioni antecedenti la campagna elettorale vera e propria, ci siamo resi conto che il progetto civico rischiava di avere un così forte successo, da sfiorare addirittura la vittoria assoluta con l’elezione del primo cittadino. La sensazione era fortissima ed abbiamo deciso allora di osare. Ma per puntare alla corsa per la poltrona di sindaco erano necessari alcuni passi indietro, per farne di più in avanti. Abbiamo concordato a quel punto di aprire le porte anche a quei partiti politici che avessero accettato il nostro progetto. Non il progetto di questo o quel partito. Ma il nostro progetto civico, tanto da imporre l’abbandono dei simboli di partito. Si può dire di tutto, oramai in politica, ma la nostra proposta è passata alla storia di questa città come una coalizione di liste civiche, senza simboli di partito, a sostegno di una candidatura premiata dagli elettori. Quando i simboli sono tornati nel civico consesso dopo le elezioni, sono tornati guarda caso i mugugni e più di qualcuno è tornato a storcere il naso. Come movimento Una Buona Idea, siamo fieri di aver ottenuto un ottimo riscontro elettorale con tutti i candidati schierati che non avevano mai rivestito in passato cariche elettive. Ciò ha incontestabilmente evidenziato che la nostra presenza, sin dall’inizio di questo percorso, ha caratterizzato la coalizione, entrando nelle case dei gelesi».
– Infatti, l’ottimo riscontro alle urne della lista che non solo ha superato lo scoglio dello sbarramento, ma grazie anche al premio di maggioranza, ha fatto eleggere ben tre consiglieri. Poi i tre sono diventati due: cosa è successo con il consigliere Iaglietti ed il suo gruppo Gela città normale?
«Cosa sia successo lo si sa già. Non è stato nascosto nulla, perché ciò che ai cittadini piace è la trasparenza. E noi non vogliamo fare misteri con i cittadini. Il consigliere Iaglietti, tra i fondatori del movimento Una Buona Idea, ha deciso di uscire dal nostro gruppo consiliare per entrare in quello misto, pur restando comunque nella maggioranza supporto di Greco. Sulle ragioni che hanno portato il consigliere Iaglietti a prendere questa decisione, purtroppo non posso rispondere, nel senso che non ne so nulla, considerato che ad oggi i diretti interessati, vale a dire Iaglietti ed i suoi referenti in “Gela Città Normale”, non me ne hanno mai parlato. Sicché per il movimento e per la segreteria che reggo, si è trattato solo di prenderne atto ed accettarlo. Rimane un alleato con cui condividere un percorso di governo politico-amministrativo che speriamo sia quantomeno migliore dei precedenti».
– In Giunta avete un assessore di riferimento, Terenziano Di Stefano, che è anche vicesindaco. Come giudicate il suo lavoro ad oggi?
«Impeccabile. Terenziano Di Stefano sta confermando tutte le nostre aspettative. Sapevamo della sua gran voglia di metterci la faccia, che è la nostra stessa voglia di impegnarci come meglio possiamo per dare una sterzata ad una città in agonia, stanchi di fare da spettatori ed assistere inermi alla disfatta di quella che fino a pochi anni fa era la quinta città siciliana e che avrebbe potuto essere anche la quarta dopo le tre città metropolitane, a causa del mancato sviluppo che doveva accompagnarsi alla crescita naturale e spontanea dettata dalla presenza di un grande stabilimento industriale. Di Stefano è un nostro punto di riferimento costante ed affidabile. Ci coinvolge e ci rende edotti su ogni cosa. Senza considerare che si mette a disposizione dei colleghi in giunta e cerca di non fare mancare mai il suo sostegno al sindaco, senza paura di esporsi eccessivamente, perché la sua buona fede è fuori discussione».
– La questione dell’allargamento della giunta sembra essere passata in secondo piano al momento, se non del tutto rinviata a dopo il ricorso. Giusto così?
«Tutto sommato sì. Se non ci fosse stata la novità legislativa dell’allargamento a 7 assessori, parleremmo d’altro. Del resto, si tratta di una scelta che la nuova normativa riserva al sindaco in via facoltativa e, preferibilmente, in seguito ad una modificazione in tal senso dello Statuto comunale, cosa che non è ancora avvenuta. Qualcuno potrebbe obiettare che si parlerebbe d’altro, ma sempre di nomine e poltrone, come per tutto quello che riguarda il sottogoverno, ma ciò non mi scandalizza affatto purché la discussione venga indirizzata nei giusti canali. Sapevamo tutti, con il sindaco in testa, che la nostra è una coalizione variegata, con diverse anime e sensibilità politiche. Le discussioni, anche per quanto concerne le nomine, rientrano nella normale dialettica di una coalizione. Ciò che Io auspico è il ritorno alle segreterie dei partiti/movimenti perché sono le segreterie i veri garanti dell’appoggio dei partiti/movimenti al primo cittadino. Il sindaco deve interfacciarsi con i segretari/coordinatori delle formazioni politiche che costituiscono la coalizione, non con i singoli consiglieri. La dialettica ci sta tutta, pure qualche fibrillazione, ma la città vive un periodo di crisi economica e sociale e non è questo il momento per discussioni sulle poltrone. Dobbiamo rimanere compatti e lavorare in sinergia, in attesa che arrivino i primi risultati ad incoraggiare e rinforzare le azioni di rilancio da mettere in campo»
– Si parla tanto di “rilanciare” questa città. A suo avviso in quali settori tale esigenza è maggiormente avvertita e quali iniziative e/o azioni sarebbero opportune?
«Finanziamenti europei in primis. Ma anche i fondi nazionali e regionali non vanno affatto sottovalutati, poiché in pratica si sono sostituiti ai trasferimenti nazionali e regionali che si sono assottigliati e sempre meno linfa arriva dai livelli superiori a rimpinguare finanziariamente le casse comunali. Insomma, per finanziarsi, oltre al prelievo che entra nelle tasche dei cittadini, i comuni devono saper intercettare i finanziamenti europei e devono saper attingere da tutti i fondi, attraverso una competente e competitiva attività di progettazione.
Il Patto per il Sud diventa così una priorità, come l’Agenda Urbana. Alla riconversione “green” della raffinazione vanno poi assicurate tutte quelle misure che erano previste nel protocollo di Gela ed in quell’accordo di programma per l’area di crisi industriale che va ridiscusso. Occorre puntare sull’innovazione e la formazione nel settore agro-alimentare che rimane un punto di forza dall’enorme potenziale per questa città ed il suo comprensorio. Quindi, le infrastrutture di collegamento su gomma, sui binari e via mare, cioè in quest’ultimo caso, portualità. Non ultima, la crescita culturale ed il sostegno alla scolarizzazione. Sono ancora troppi i casi di abbandono dalla scuola, il che è sovente il preludio alle devianze minorili. A mio avviso, così come senza idonee infrastrutture ed adeguati servizi non si può parlare con cognizione di causa di turismo, senza crescita culturale non ci può essere sviluppo».
Il «Chi è» di Rino LICATA
Nome di battesimo:
Rocco, inteso Rino;
nato a Gela, il 3 luglio 1968;
sposato con Diana Ester Galifi (euro project manager);
figli: 3, una femmina di nome Andrea di 22 anni, e due maschi, Luigi di 18 e Cristian di 12;
titolo di studio: Geometra;
professione attuale: esperto in Sicurezza;
passioni, interessi, hobbies: politica, calcio e musica;
precedenti militanze politico-amministrative:
una lunga militanza nella sinistra;
attuale appartenenza politica: segretario cittadino del movimento “Una Buona Idea”