Giovanni Iudice (nella foto) nasce a Gela nel 1970. Vive e lavora tra Gela e Milano.
Artista autodidatta, ha privilegiato il linguaggio del disegno e successivamente la pittura, partecipando a numerose rassegne in Italia e all’estero. Tra queste, la Biennale di Venezia padiglione Italia nel 2011. La Personale “Il rumore del mare” a Palazzo Medici di Firenze nel 2017 e Museo Doebbing di Sutri nel 2018. Palermo Capitale della Cultura nel 2018 gli dedica una personale sul tema dell’emigrazione “Terra di Mezzo”.
La sua opera pittorica “Umanità” è stata menzionata dalla Commissione Europea per proposta a manifesto del Vecchio Continente. Sue opere figurano in importanti collezioni museali regionali (Gam Palermo - Palazzo Steri Palermo) e private. Ha contribuito a copertine di romanzi per importanti case editrici come «La Nave di Teseo» e «Baldini & Castoldi».
Ecco l'intervista che abbiamo realizzato.
– L’arte quasi mai si mischia con la politica. Eppure, Giovanni Iudice, qualche anno fa, si è schierato con il Movimento 5 Stelle. Cosa mosse un artista come lei a fare quella scelta?
«Non si esclude mai la possibilità per un artista intervenire al dibattito collettivo per una società migliore, che inneggiasse la propria autonomia culturale come luogo di idee e possibile economia. Ho viaggiato molto l’Italia in lungo e in largo negli ultimi vent’anni e ho profondamente studiato i comportamenti di vari territori (socio-politico-culturale) e il mio, credo di conoscerlo abbastanza bene, ove c’è un gran bisogno di normalità perché ci è stata tolta e mai restituita, come se, comparandoci ad altre realtà siciliane, noi fossimo i sudditi del Sud Italia, l’emblema meridionale in cui dovesse passare ancora l’idea latifondista e feudataria attraverso una genetica e l’ufficiale comportamento delle istituzioni; di conseguenza, la rassegnazione delle classi deboli che poi non parte da ora. Si associa al fenomeno l’incapacità dei responsabili (classe dirigente, poteri forti...) a reprimere la possibilità delle idee che poi porta al controllo sociale. Detto questo, mi sono visto in solitaria beatitudine negli ultimi vent’anni, come osservatore, “consumare la mia vista”, uno stillicidio della bugia di vari soggetti politici che avrebbero potuto garantire e preservare il futuro di una comunità verso un progresso sano di convivenza anche con le logiche di sfruttamento territoriale da parte dell’industria pesante. Ma ne abbiamo pagato un prezzo caro noi del popolo come accaduto nel periodo barocco per esempio, ove la meglio spettava alle classi imperanti di una società con lo sfruttamento della miseria e diametralmente all’opposto oggi nei tempi moderni non cambiano le dinamiche. La mia adesione al M5s, di qualche anno fa, ove ne condividevo idee per un “azzeramento” politico affaristico, fosse la ripresa di una nuova era per la nostra città come a dover uscire da una terribile strozzatura di cui oggi ne siamo già impiccati e ci rimane poco respiro. Essendo per me la politica un’arte e l’arte la politica, mossi da un comune pensiero di purezza, non mi mancava questa nobile missione di apportare la mia esperienza nel settore dell’arte per una funzione sociale a stigmatizzare processi di declino sull’uomo come causa di tutti i mali, non solo in ragione gradassa di corruttibilità ma perché lo sviluppo vero è la formazione anche dell’individuo in quanto per sapere passa la visione di un destino. Purtroppo, tutto questo mio dire nelle mani di chi se n’è approfittato ha giustificato lo stesso atteggiamento di chi ha le gambe corte. Io detesto il dogma politico, non credo nelle dottrine, forse sarò un incontentabile anarchico ma credo sia un valore democratico a riconoscere lo status di diritto come principio di cittadinanza».
– Perché poi l’idillio con il Movimento 5 Stelle si ruppe?
«L’idillio si ruppe perché gli uomini si corrompono e non corrispondono agli accordi politici, come cacciare dal comune le cose storte ,per cui, io la penso sempre allo stesso modo senza fermarmi e dire che non è cambiato nulla. Allora Messinese, eletto sindaco, non rappresentò più i voleri del gruppo vincente che gli stessi gelesi diedero il consenso in 22mila, ragion per cui, lui e i suoi pochi seguaci, si chiusero in camera caritatis convinti di essere tuttologi e da lì il loro declino morale e politico. Io al suo posto, considerato che da sindaco non avrei avuto maggioranza in consiglio, prevedendo la sfiducia futura, in due anni avrei fatto cose di cui rallegrare i gelesi e appena decaduto sarei stato più osannato. Invece la pochezza di visione porta alla finalità del proprio orticello e non al beneficio del grande territorio fiorente».
– Che giudizio dà oggi della classe politica gelese?
«A Gela, non esiste più una classe politica degna dai tempi di Aldisio ad oggi. Rosario Crocetta, che si è dimostrato un’escursione politica di grande visibilità, è stato una delusione per tutti perché al di là delle propagande dell’obsoleta antimafia, non ha lasciato nulla in città, se non debiti e mancanza di opportunità. Come molti sanno, sono stato tra i primi se non l’unico a parlarne già vent’anni or sono e tutto si è verificato puntualmente. Anzi, molti mi dicevano – anche professionisti locali – di stare attento perché avrei subìto angherie. Ma poveri loro, oggi lo attaccano per convenienza politica. Quindi, la classe politica gelese non può reggere perché manca l’ossatura morale e culturale, cioè, quella libera coscienza di riconoscere le cose per il loro nome».
– La città sta vivendo un periodo oscurantista senza precedenti. Cosa può aver determinato questa situazione?
«Si, dice bene: “oscurantismo”. Bisogna chiederlo a chi ha governato fino adesso ma a partire dagli ultimi vent’anni perché vi sono dinamiche di comportamento nella nostra società che continuano a dilapidare il bene di tutti come proprie opportunità».
– Qual è la ricetta di Giovanni Iudice per superare questa fase? Immagino i corteggiamenti che sta ricevendo in questo periodo…
«È sempre più difficile trovare soluzioni in una realtà complessa ove la burocrazia gioca il ruolo ambiguo dei furbi e dei professionisti della politica che hanno radici ovunque. Estirparle è difficile. Deve esserci un’inversione di tendenza, buttare veleno a queste piante terribili per soffocarne la crescita. Occorre, insomma, bonificare prima di tutto un terreno ostile, poi piantare semi buoni. Ovviamente non è una parabola; occorre cambiare visione delle cose. Ad esempio, se in un momento di difficoltà economica per una famiglia manca l’introito di sopravvivenza e si hanno proprietà, occorre sfruttare le stesse. A Gela, c’è un territorio ricco e quasi nessuno lo sa, per comodità dei pochi gestire le proprie tasche. Per cui, responsabili amministratori devono avere la coscienza di occuparsi del bene paesaggistico e monumentale che serve a fare cassa per tutti, ma nel modo scientifico e intelligente. Noi stiamo perdendo sempre più delle opportunità rispetto ad altre realtà siciliane come la provincia di Ragusa e altre aree, perché non siamo stati abituati alla cultura del bello. Gela non ha mai avuto questi difensori».
– Un giudizio complessivo sull’amministrazione comunale uscente – e se negativo – dove pensa che abbia fallito?
«Il fallimento dell’amministrazione uscente è sotto gli occhi di tutti: rifiuti-acqua-lavoro. La mancanza di visione l’ha portata ad occuparsi di piccole questioni. Sindaco ed assessori non si sono occupati dei reali bisogni della città. E così sono stati traditi i 22 mila elettori che l’avevano votata. Occorreva fare poche cose ma utili, e invece tutto è cambiato per non cambiare nulla. La cosa grave che gli stessi che hanno fatto parte del gruppo Messinese oggi stanno cercando di riciclarsi per fare altri danni».
– Perché, secondo lei, i giovani si allontanano sempre più dalla politica e come accorciare le distanze tra gli uni e l’altra?
«I giovani si allontanano dalla politica perché non vi sono esempi pratici o modelli da seguire. La mancanza di leadership porta ad un vuoto anche seppur stimolante inventarsi idee. I giovani d’oggi sono diversi dalla mia generazione, sembra quasi che tutto gli è dovuto ma alcuni sono pure delle meravigliose intelligenze, occorre saperli individuare».
– Tre punti che secondo lei dovrebbero far parte del programma del futuro sindaco?
«I tre punti fondamentali sono: 1. bonifica dei territori per restituire salute e paesaggio con possibilità di agricoltura nella biodiversità in collisione con la globalizzazione che sta finendo. 2. Utilizzare le nostre risorse come l'archeologia(a Gela abbiamo un mosaico ellenistico unico nel mediterraneo e nessuno lo sa, c’è solo il segreto istruttorio della Procura a non rivelarlo ma tutti già sappiamo che c’è, anzi, sette anni fa, fu presentato lo studio dello scavo a Caltanissetta e Spagna tranne a Gela, forse perché si è deciso di rimanere sudditi? Si vadano a vedere come nelle aree archeologiche siano stati edificati ville e palazzi e poi capiremo perché a Gela non c’è futuro, quei pochi hanno sfruttato il bene dei tanti e probabilmente con giri di “affari loschi”... Io personalmente ho pure denunciato misfatti come il parcheggio abusivo di viale indipendenza che ha massacrato una città greca nell’era di Sasà, l’imperatore dell’antimafia dei miei stivali. 3. Trasformare i Palazzi del nostro centro storico in Musei ma con competenza e non con improvvisazione come è stato fatto attraverso la rozzezza del vespaio infilandoci dilettanti allo sbaraglio. La cultura ha livelli e gerarchie, non quelle imperanti, ma di qualità, per cui, non possiamo permetterci di accontentare gli amici per rovinare la nostra immagine ma soprattutto l’economia della città che ha subìto un terribile indebitamento di immagine nel mondo grazie ai questi malfattori della politica locale. Di seguito un nuovo museo archeologico che dialogasse col moderno suddetto e la conseguente demografia fruire la nostra spiaggia unica nel suo genere. Non vi è altra via d’uscita».
– Se la sente di tracciare un identikit del "suo" sindaco ideale?
«L’identikit del mio sindaco ideale non è certamente chi ha finora scaldato la poltrona e chi ancora si presenta a faccia tosta dovrebbe solo vergognarsi. Egli dovrà essere di levatura e dovrebbe avere una coscienza nel riconoscere le oramai pochissime cose salvabili di questo territorio per recuperare una normalità. Il volto vero della città è la cultura perché non mente, e il mio sindaco immaginario, dovrà uscire da questo imbuto strozzato che porta solo alla salvezza: “risorse monumentali e paesaggistiche” con competenza e non con attività ludiche come finora è stato il “giocattolo” clientelare. Occorre guardare al futuro».
– Quale messaggio gli affidarebbe?
«Il messaggio che gli affiderei: Scegli da quale parte vuoi stare!».