Arrivano le feste. E' Natale e si tende ad essere più buoni e meno belligeranti.
Molti sono poi gli scaramantici che vogliono inaugurare l'anno nuovo all'insegna della serenità, con la speranza che continui per tutto l'anno. Insomma, perché tirare la corda, fissare subito paletti, veti e vincoli, fare fughe in avanti, quando si è in vacanza e le amministrative sono fra sei mesi?
Partiti e movimenti continuano ad incontrarsi, con tutta evidenza, ma senza troppe velleità e più che altro approfittando per farsi gli auguri. Ogni ipotesi di candidatura a sindaco, ad esempio, verrà rinviata a dopo le feste, a gennaio prossimo, quando entreremo di fatto nel 2019. Gli unici che hanno minacciato di rompere gli indugi entro l'anno solare che sta per terminare, secondo quando trapela da alcune indiscrezioni, sarebbero quelli della Lega. Staremo a vedere.
Certo, parlare di alleanze per le prossime amministrative, oggi, è davvero fantapolitica. Anche intese che sembravano assodate per le elezioni europee, come tra Lega e Fratelli d'Italia, cominciano a scricchiolare. Specie per i partiti, la concomitanza tra europee ed amministrative, rappresenta una bella gatta da pelare, con i dovuti distinguo tra regioni e regioni, nonché all'interno delle stesse tra le varie realtà locali.
Al momento, voci ufficiose vedono il governo nazionale restio all'election-day e più incline invece a distinguere il voto europeo da quello amministrativo, anche se di una settimana. I due sistemi elettorali sono diametralmente diversi, con i partiti che si misurano gli uni contro gli altri nel proporzionale alle europee, mentre risultano risucchiati nella logiche coalizionali in ambito maggioritario alle amministrative.
La questione non si pone per il Movimento 5 Stelle che corre da solo in qualsiasi competizione elettorale, mentre si pone per la Lega che dovrà decidere a seconda dei territori, se provare la corsa solitaria, magari con al fianco alcune liste civiche, oppure rientrare nei ranghi di alleanze in area centrodestra.
Ci sono segnali, altresì, che non possono essere ignorati. Il No del sottosegretario leghista Candiani, commissario della Lega in Sicilia, al governo regionale retto da Musumeci, esprime comunque la volontà di stabilire una linea di demarcazione nell'isola tra i salviniani e la (pseudo) maggioranza di centrodestra all'Ars.
Per contro, le esternazioni del presidente dell'Ars e principale esponente forzista in Sicilia, vale a dire Micciché, fortemente critiche verso la politica sul versante dell'immigrazione del ministro dell'Interno, non lasciano adito ad equivoci. Che le forze centriste postcuffariane si stiano alacremente riorganizzando nell'isola, strizzando l'occhio a Forza Italia è oramai ben noto; laddove gli autonomisti postlombardiani pare stiano dialogando con Fratelli d'Italia.
Proprio domenica scorsa, a margine della presentazione del coordinamento cittadino del partito della Meloni a Gela, la deputata Varchi ha bocciato ogni ipotesi di accordo con la Lega, mentre l'apertura ad una coalizione di centrodestra, allargata anche ai centristi, è stata posta all'ordine del giorno. La sensazione, dunque, è quella di “isolare” il rigido determinismo della Lega e quest'ultima, parimenti, sembrerebbe non aspettare altro.
Nel centrosinistra locale sembra essersi aperto un canale di dialogo tra esponenti di spicco dell'ex Sicilia Futura e la corrente renziana del Pd, cioè l'ala dem che esprime il segretario regionale Faraone ma che è minoritaria rispetto a quella sostiene il segretario cittadino Di Cristina e che esprime 4 dei 5 consiglieri comunali uscenti.
E mentre i grillini mettono il silenziatore ai dissidi interni, a piccoli passi i movimenti civici provano a chiudere il cerchio, magari prima della fine del 2018. Si tratta di fare definitiva chiarezza sui “fondatori” del patto, definire e sottoscrivere una base programmatica, indicare un coordinamento. Solo dopo potranno concentrarsi sulle liste e sul candidato a sindaco: ossia il vero banco di prova.