La città di Gela è diventata una sorta di discarica a cielo aperto nonostante la vera discarica, quella di contrada Timpazzo, che si trova solo a pochi chilometri di distanza dal centro abitato, sia regolarmente in funzione.
Una discarica di colpe, innanzitutto, con tutti che puntano l'indice all'indirizzo degli altri, ma nessuno che si assume una responsabilità, benché minima o indiretta che fosse. Un gioco allo scaricabarile: i consiglieri comunali verso l'attuale amministrazione, quest'ultima verso la precedente amministrazione, la quale in risposta nega tutto e rimanda al mittente le accuse. Alla fine ci penserà la magistratura a fare chiarezza? Lo vedremo.
Intanto a pagare dazio come al solito è la città, invasa dall'immondizia, con alcune frange di cittadini menefreghisti che oltre a non pagare la Tari, non prestano la minima attenzione tanto a differenziare, quanto a farlo secondo calendario. Per non parlare di chi pensa di liquidare il problema vestendo i panni di Nerone nel dare fuoco alla variegata spazzatura, con nubi altamente tossiche a corredo e danno aggiuntivo alla salute pubblica. Come se non bastasse.
Sicché, dopo tre anni di mandato del Sindaco eletto nel giugno del 2015, quella dei rifiuti si è tramutata in una grave e pesante emergenza, tanto da far entrare l'intero sistema di gestione in crisi. Su questa, come su altre problematiche, Messinese e Siciliano non sono riusciti a stabilire una decisa e solida collaborazione con il consiglio comunale, accontentandosi di navigare a vista. I consiglieri hanno lasciato fare, tenendo calde le trenta poltroncine del civico consesso, fino all'emergere, con tanto di botto, della frattura avvenuta con il ritiro del “Pef” da parte dello stesso Sindaco, dopo aver incassato nel dibattito in aula l'ennesimo diniego ad approvarlo espresso della stragrande maggioranza dei consiglieri.
A differenze di altre volte, però, in quest'occasione la magistratura si è interessata della vicenda. Per prima quella contabile, vale a dire la Corte dei Conti, che ha intimato all'amministrazione di non creare ulteriori debiti fuori bilancio sui rifiuti, facendo fede alla regola secondo cui la gestione dev'essere compensata esclusivamente con l'incasso complessivo della Tari: introito locale che i consiglieri comunali non vogliono aumentare, non condividendo il piano economico finanziario, invano presentato e sottoposto al vaglio del consiglio comunale, come sopra anticipato, da parte dell'amministrazione in carica.
I “Servizi aggiuntivi”, in quanto non previsti nel capitolato, che nel triennio hanno maturato oltre 9 milioni di crediti avanzati dalla ditta affidataria, tradottisi puntualmente in altrettanti debiti fuori bilancio per le casse comunali, non sono stati più espletati. Ne sono derivate conseguenze sul piano occupazionale con annesse vertenze sindacali, mentre i cumuli crescevano a dismisura e diventavano montagne di classica immondizia urbana, accanto ciarpame e scarti di ogni tipo, distribuiti nei vari quartieri e soprattutto nelle zone periferiche.
A quel punto, sono fischiate le orecchie anche alla magistratura inquirente, vale a dire la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gela, che ha iniziato ad indagare sui fatti, per poi far scattare ben quattro avvisi di garanzia notificati al primo cittadino, al suo vice ed assessore al ramo, al dirigente a capo del relativo assessorato ed al rappresentante legale della ditta che si era aggiudicata l'appalto, ma che ha continuato ad espletare il servizio, vale la pena di ricordarlo, in tipico regime di “prorogatio”. Cosa ci aspetterà al riguardo nei giorni successivi non lo possiamo sapere, ma fra le eventuali possibilità, v'è anche quella del rinvio a giudizio, che non può essere escluso a priori.
La difesa d'ufficio di Messinese, anticipata sinteticamente alcuni giorni prima in consiglio comunale da Siciliano, è tutta nelle 8 pagine dell'ordinanza con cui il primo cittadino ha cercato di mettere una pezza “estiva” alla criticità esplosa in maniera dirompente. Invero, già l'aprile scorso Messinese aveva emanato una prima ordinanza per la rimozione straordinaria dell'enorme pattume che si era addensato in diversi punti del perimetro urbano, tornato a riaffiorare già all'indomani della bonifica eseguita da una ditta che si era aggiudicata l'apposita gara. Ammassi di rifiuti che si sono consolidati giorno dopo giorno fino ad arrivare alle porte della stagione calda, con tutto quello che ne può scaturire in termini di allarme igienico e di insalubrità collettiva.
Messinese ha dichiarato “l’emergenza igienico sanitaria di altissimo rischio per la pubblica igiene ed incolumità”, nel periodo che va dal 01 giugno al 30 settembre, ordinando alla ditta affidataria la rimozione “immediata e sistematica” dei rifiuti, il “discerbamento” straordinario, lo “spazzamento” straordinario, la fornitura alle scuole dell’obbligo di apposite “isole ecologiche”, l'allocazione presso le spiagge pubbliche di “appositi contenitori differenziati per colore e dunque per tipologia di rifiuto”, nonché di provvedere ad attrezzare i vari quartieri con “aree ecologiche”.
Sul piano sanzionatorio e dei controlli, Messinese ha ordinato di destinare “in via prioritaria” il corpo di polizia municipale al controllo del servizio di raccolta differenziata e del fenomeno di abbandono dei rifiuti. E' fatto divieto alle utenze (cittadini, attività economiche e uffici pubblici) di “abbandonare i rifiuti, di spostare i bidoni carrellati in dotazione ai condomini ed alle utenze commerciali e di conferire in sacchi neri e/o di colorazione non trasparente, che non consenta il facile riconoscimento di quanto conferito”.
Va da sé che il rispetto ossequioso dell'ordinanza, normalizzerebbe con tutta probabilità la situazione, ma la “spada di Damocle” della Procura continuerà a pendere fino a chiusura delle indagini e qualora il Procuratore decidesse di mandare a processo qualcuno fra gli indagati, specie il vertice apicale in Municipio, si aprirebbero nuovi ed inaspettati scenari, in cui i partiti e gli eletti nel civico consesso, rimasti ancorati ad una polemica inconcludente a cui hanno abituato la cittadinanza, si vedrebbero addirittura “surrogati” dalla magistratura. E non sarebbe una bella immagine in vista delle urne