La storia della nostra città è costellata di speranze e di fallimenti.
Non è solo questione di uomini, ma gli uomini, il loro operare, la loro intelligenza e integrità sono il cardine su cui si impernia ogni azione di uscita dalla marginalità e dal sottosviluppo che contraddistingue da troppi decenni i nostri territori e la Sicilia.
La raffineria ha chiuso i battenti, non inaspettatamente, ma dopo anni di gestazione evidente duranti i quali le pubbliche amministrazioni (ad ogni livello) rimasero silenti e inattivi, nessuna azione di riconversione fu messa in atto e la carenza di lavoro ha raggiunto l’apice con centinaia di famiglie e giovani che si trasferiscono fuori dalla Sicilia in cerca di prospettive più promettenti.
Il 6 novembre 2014 nel sancire definitivamente la chiusura della raffineria il comune di Gela, la Regione siciliana, il ministero dello Sviluppo Economico, l’Eni e sue consociate, i sindacati (Cgl, Cisl, Uil, Ugl) e la Confindustria Centro Sicilia sottoscrivevano un protocollo d’intesa.
Quel protocollo partiva dalla constatazione della impossibilità economica di continuare l’attività di raffinazione in un mercato specifico in crisi da molti decenni, dalla necessità di avviare una “riconversione produttiva dell’intera area” capace di utilizzare al meglio un indiscutibile patrimonio di competenze e professionalità, dalla constatazione che il territorio siciliano ha un forte potenziale di sviluppo dell’attività estrattiva importantissimo per Eni e per le finanze pubbliche (locali e centrali).
Quel protocollo, pur nei suoi non pochi limiti rispetto alle esigenze occupazionali del territorio (gran parte degli investimenti va nella direzione delle attività estrattive con scarse ripercussioni sulla quantità di posti di lavoro), prevedeva tra l’altro, che ENI sviluppasse “una politica organica di sviluppo delle attività upstream fortemente focalizzata sulla valorizzazione della risorsa gas” non solo proveniente dai paesi africani, ma estratta a anche in loco, e con l’obiettivo di realizzare a Gela “una base logistica per la distribuzione di GLN/CNG da utilizzare come carburante e/o combustibile” per il sistema di trasporto internazionale nell’ambito degli obiettivi infrastrutturali europei.
Lo stesso Protocollo impegnava (e impegna) Eni a realizzare un Polo logistico GNL/CNG a Gela. Lo studio preliminare avrebbe valutato le potenzialità del mercato GNL (gas naturale liquido), l’opportunità di distribuzione del GNC (gas naturale compresso) per rifornire aree del Mediterraneo non metanizzate, assets da installare nel sito industriale di Gela per cogliere le opportunità logistiche connesse con le infrastrutture portuali esistenti.
Ebbene, in un mercato estremamente dinamico e veloce come lo è quello della trasportistica mondiale, solo nel settembre 2016 viene firmata una Lettera di Intenti per lo studio di fattibilità di una base logistica di Gas Naturale Liquefatto (GNL) a Gela tra MiSE, Regione Siciliana, Comune di Gela ed Eni, come proseguimento delle attività incluse nel Protocollo di Intesa per l’Area di Gela. A tutt’oggi non conosciamo i risultati di quello studio, ma ad una mia precisa domanda nel corso di una riunione con Eni presso il Comune di Gela, la risposta di Eni era sta che stavano quantificando con la potenziale clientela la quantità minima di fornitura per far partire l’operazione.
Ne desumo che gli aspetti tecnici non erano un problema, considero anche anche gli aspetti commerciali non lo fossero considerato che Gela si trova ad avere due vantaggi unici: la grande disponibilità di gas e trovarsi lungo l’autostrada del mare a più alta densità di traffico.
E allora ben si comprende la preoccupazione del nostro territorio che il polo logistico del GNL a Gela possa rivelarsi una ulteriore cocente delusione alla luce dei progetti della nostra concorrente più diretta che è Malta e alla luce della impropria, incomprensibile ed inopportuna promozione che la stessa amministrazione comunale di Gela compie per il gasdotto maltese.
Sarebbe stato logico aspettarsi, invece, la promozione di una forte azione politica e di popolo per il polo logistico gelese di cui è dato sapere, nonostante siamo abbondantemente a oltre tre anni dalla firma del protocollo, e a oltre un anno dalla lettera d’intesa presso il MiSE.
Mi sarei aspettato una reazione forte di Giunta e sindacati e invece assistiamo ad un silenzio assordante su questo progetto e agli ammiccamenti da parte di chi dovrebbe difendere gli interesse gelesi con il più temibile concorrente del progetto GNL a Gela.
Il concorrente maltese aspira comprensibilmente ad essere rifornito di gas per gli usi propri interni, ma sappiamo anche che è ben avanti nel progetto concorrente a quello gelese con il forte rischio che tale progetto venga sottratto alla Sicilia.
Il progetto maltese ha finalità di soddisfacimento dei bisogni interni, ma anche di divenire il punto di distribuzione del GNL nel mediterraneo. Il progetto non è di oggi e lo descrive bene negli obbiettivi strategici l’inchiesta del 30 novembre 2016 del quotidiano La Stampa di Torino. “Si aggiungerà un collegamento gas verso Gela, una pipeline subacquea da 155 km per una capacità giornaliera di 1,1 Mmc/g.” Tale obiettivo “è sostenuto dall’Ue quale progetto di interesse comune (Pic) e dovrà essere obbligatoriamente reverse flow”, segnala il ministro maltese: “potremo importare gas per la nostra centrale ed esportare verso l’Italia il Gnl rigassificato.
Nel 2017 si cercheranno i permessi in Italia “Se il gasdotto alimenterà la centrale potremmo destinare la nave Fsu che usiamo per stoccare il Gnl necessario alla centrale ad altri usi”, spiega Mizzi, “ad esempio la potremmo ancorare circa 12 miglia offshore nel Banco di Hurd, dove la profondità è minore e già stazionano decine di navi proprio per il bunkeraggio”, cioè il rifornimento di carburante. Infatti “a Malta c’è circa il 10% dei bunkeraggi a heavy fuel oil”, il carburante inquinante che spinge le navi, ma “nel 2025 entreranno in vigore i nuovi limiti di emissione per i motori marini e ci sarà un inevitabile ricorso ai motori a Gnl”, avverte il ministro, “vogliamo essere i primi a muoverci sul bunkeraggio di gas per le navi: uno studio in questo senso inizierà già quest’anno con la proposta di budget”.
Ora occorre innanzitutto che la Regione faccia la sua parte, che l’Italia faccia la sua parte e che insieme decidano se consentire che sia un paese straniero a godere di una grande opportunità di sviluppo economico futuro o la Sicilia.