Da una diecina di anni, le amministrazioni succedutesi al Comune di Gela, anziché affrontare i veri e reali problemi che affliggono la nostra comunità (drastico ridimensionamento dei livelli occupazionali nell’area industriale; distribuzione idrica a singhiozzo, con presenza, nell’acqua che fuoriesce dai rubinetti delle case dei gelesi, di elementi inquinanti, che ne pregiudicano la potabilità e ne impediscono l’utilizzo a fini alimentari, ma fatta pagare a carissimo prezzo dalla società di gestione, l’italo spagnola Caltaqua), si sono particolarmente “distinte” nel connivente silenzio, in relazione all’esercizio, a dir poco distorto e vessatorio, del potere di regolamentazione della circolazione stradale
e della connessa gestione delle aree pubbliche cittadine, che la vigente disciplina (artt. 6 e 7 del Codice della strada assegna al dirigente di settore, anche a fronte di provvedimenti, che hanno reso ancor più difficile la vita di quanti, purtroppo, hanno la sventura di vivere, permanentemente, in città, ma anche di coloro i quali,essendo residenti – per motivi di forza maggiore e/o per scelta – altrove, sono soliti trascorrervi qualche settimana di vacanza, per il piacere di stare in compagnia di familiari e di amici.
Un attento esame della normativa – per quanto apodittico e, quindi, privo di pregiudizi e/o di preconcetti – induce inevitabilmente l’osservatore ad ipotizzare la sussistenza di una sorta di viscerale astiosità nei confronti non di una singola persona, ma di una pluralità di soggetti (gli automobilisti gelesi), giornalmente esposti ad una serie di soprusi ed imposizioni, con la palese lesione dei loro diritti soggettivi e dei loro interessi legittimi.
In questo autentico disegno (se criminoso o meno, è di competenza esclusiva dell’Autorità giudiziaria stabilirlo) può essere inquadrata la perdurante violazione delle norme del Codice della strada in materia di strisce blu, cioè di quella sorta di “pizzo” che l’automobilista è costretto a sborsare per occupare, con la propria autovettura, uno degli stalli di sosta, indiscriminatamente creati in varie zone del centro abitato, lasciate, scientemente, prive di parcheggi liberi e gratuiti,in contrasto con le indicazioni fornite dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con circolare n. 1712 del 30 marzo 2012. Ma anche – ed è questo che fa gridare allo scandalo – non dotate, pur con limiti di tempo (generalmente 30 minuti) di stalli liberi, al solo scopo di favorire e/o impinguare gli incassi della società concessionaria, che, da diversi anni, senza soluzione di continuità (nonostante il bando di apposite gare pubbliche) è stata “capace” di mantenere la gestione delle famigerate strisce, benché i rapporti con l’ente locale gelese, talvolta, siano stati alquanto tempestosi, specialmente dal punto di vista contabile.
Essendosi ormai affermato, nella testa bacata di qualche dirigente del Comune, il convincimento dell’esistenza di una sorta di sudditanza del cittadino rispetto alla pubblica amministrazione, si è ritenuto di fare ricorso sempre con la finalità di procurare ulteriori introiti all’ente, per supplire ai tagli di risorse finanziarie che Stato e Regione, per difficoltà di bilancio, hanno operato negli ultimi anni – sarebbe interessante sapere se, in base al contratto individuale di lavoro del dirigente dell’Ufficio, oltre alla retribuzione base e di posi zione, è prevista ed erogata anche quella di risultato – che potrebbe spiegare le ragioni di tanto accanimento nei confronti dell’utente della strada) ad un altro stratagemma: trasformare la Ztl (zona a traffico limitato) di corso Vittorio Emanuele in uno strumento per salassare ulteriormente l’automobilista, attraverso l’uso di una palese ambiguità lessicale.
Nel pannello luminoso, collocato all’inizio della Ztl, nei giorni e nelle ore in cui vige il divieto di transito, appare l’avviso “varco attivo”, mentre, quando il passaggio è consentito, nello stesso cartello si legge “varco inattivo”. Trattasi di una terminologia particolarmente ellittica sul piano linguistico,che sottende una generale conoscenza sia del funzionamento della Ztl, sia del posizionamento delle telecamere nei punti di accesso alla stessa.
Orbene, questo gioco di parole trae in inganno, non solo l’automobilista medio, ma anche il più colto ed erudito.
Analizziamo, con l’ausilio di un vocabolario della lingua italiana il messaggio variabile che appare sui pannelli luminosi, per spiegarne, compiutamente, il significato.
Genericamente, per “varco” s’intende un luogo o un’apertura attraverso cui si passa (“io vedea di là da Gade il varco Folle d’Ulisse”, scrive Dante, con riferimento allo stretto di Gibilterra, che, se-condo la mitologia, sarebbe stato creato dal semidio Ercole, il quale, in una delle sue 12 fatiche, avrebbe diviso in due la rocca che univa Africa ed Europa, creando due promontori (ovvero le due colonne, Calpe e Abila, che corrispondono alla Rocca di Gibilterra e alla cima del Jebel Musa, o del monte Hacho, ubicati, rispettivamente, sulla costa europea e su quella africana), considerati come limiti estremi del mondo, all’epoca conosciuto ed oltre i quali era vietato il passaggio a tutti i mortali ed incidendo la scritta non plus ultra (non più avanti).
Relativamente all’aggettivo “attivo”, sempre con l’ausilio di un vocabolario, si può affermare, con estrema tranquillità, che esso, tra i suoi sinonimi, annovera gli aggettivi “consentito” e “funzionante”.
Se ne deduce che alla normativa regolatrice del funzionamento della Ztl, finora, si è data un’interpretazione alla carlona, se non proprio contra legem. Dal momento che tanti automobilisti sono stati multati per avere attraversato il tratto della principale arteria di Gela nelle ore in cui il “varco” viene segnalato come “attivo”.
Insomma, Gela da città della legalità (almeno dal punto di vista amministrativo) è tornata ad essere luogo di abuso, di illeciti e di malaffare. Con l’aggravante che a rendersi responsabili di tale fenomeno non sono elementi malavitosi o del sottobosco sociale della nostra città, ma, ironia della sorte, la pubblica amministrazione (sic!). Quella stessa amministrazione che dovrebbe avere, come sua principale mission, la tutela del cittadino e, quindi, anche dell’automobilista gelese.