C’era a Gela un club informale della ‘sinistra’. Aveva sede davanti alle vetrine della cartolibreria di Ugo Randazzo, in pieno centro. Il vero animatore fu Gino Turco che appena una settimana fa ci ha lasciato in eredità tantissimi ricordi.
A cominciare da quelli legati ai tardi pomeriggi di tutti i giorni dedicati a temi di politica e di filosofia che venivano introdotti quasi casualmente e sviluppati anche animosamente, con passione e lucidità da Gino e dai suoi interlocutori abituali.
Il prof. Vincenzo Giunta, l’ex anarchico Tano Di Bartolo Milana, il dott. Andrea Damante, il prof. Totuccio Giudice e altri affrontavano, con diverse valutazioni, temi impegnativi La guerra in Vietnam fu forse il tema più arduo per Gino che doveva fare fronte ad obiezioni di interlocutori socialisti e convinti atlantisti. Sostenuto, però, dai più giovani che trovavano insopportabile l’imperialismo dello zio Sam…
E poi, le altrettanto impegnative discussioni sul centralismo democratico, sul ruolo della classe operaia anche a Gela, sul concetto di egemonia elaborato da Gramsci, sul peso nella politica italiana della proposta berlingueriana di ‘compromesso storico’, sul ruolo dell’estremismo extraparlamentare , ecc. ecc.
Tutti temi che, richiedendo studio, riflessione e responsabilità, venivano affrontati con passione su un marciapiedi, dove si cucinavano idee come all’aperto le mogli casalinghe cucinavano il cibo per i mariti che tornavano a vespero dal faticoso lavoro.
Gino riprendeva quei temi nelle sezioni del Pci di cui fu anche segretario. E impegnava con chiare argomentazioni i compagni pensionati, contadini e operai. Con efficacia ‘pedagogica’. Perché fu prevalentemente un educatore. In ciò abilitato non solo dagli studi universitari, ma dal tirocinio praticato quotidianamente.
Sempre con lucidità e passione, educò generazioni di alunne del Magistrale a gustare la bellezza della letteratura italiana e a scoprirne i legami storici e sociali.
Una bella, se non proprio facile, avventura! Iniziata in parrocchia, dove Gino imparò a valorizzare la dimensione sociale del cristianesimo cattolico, dal quale, poi, si allontanò mantenendo sempre saldi l’amore per il prossimo, la pratica della giustizia e l’apertura della mente alle innovazioni prodotte dalla scienza e dalla tecnica.
A conferma della sua apertura verso l’innovazione, anche con spirito autocritico, si collocano i commenti alla lezione del filosofo Maurizio Ferraris appena qualche mese fa nel salone del ‘Dante Alighieri’.
Apprezzò stupito la tesi del filosofo secondo il quale il Capitale del XXI secolo è costituito da noi uomini che, connessi, forniamo materia prima alle piattaforme informatiche. Queste utilizzano né petrolio né carbone, ma ‘dati’ che vengono usati liberamente dalla rete. Nuovo tema della politica e della filosofia!
Gino, un autentico esempio di giovanile apertura mentale della quale la città ha da essere orgogliosa.