Nel 2023, il ministro Valditara ha introdotto nuove norme per il dimensionamento delle scuole, mirate a unificare, sopprimere o trasformare le istituzioni scolastiche esistenti.
Secondo le stime dell’Anquap, questo provvedimento potrebbe portare all’eliminazione di circa 600 autonomie scolastiche nei prossimi anni, riducendo o eliminando i servizi scolastici nelle aree isolate e nei piccoli centri, specialmente nel Sud Italia, già segnato da povertà educativa. Regioni come Basilicata, Calabria, Sardegna, Molise, Campania e Sicilia subiranno una notevole riduzione del numero di istituti scolastici, con percentuali rispettivamente del 24%, 18,34%, 17,91%, 15,38%, 12,85% e 11,39%.
La riforma Gelmini del 2008 causò la chiusura di circa duemila istituti scolastici ritenuti sottodimensionati, accorpando le scuole nelle aree più isolate con istituti più grandi. Questo processo ha penalizzato severamente regioni come la Sicilia, che affronta un grave declino economico e un aumento della povertà.
Comunità come Gela vivono una significativa diminuzione della popolazione, a causa dell'emigrazione dei giovani e di un alto tasso di denatalità (dopo aver registrato tassi di natalità tra i più alti in Europa negli anni Cinquanta). L’accorpamento delle scuole è spesso il risultato combinato della denatalità e di politiche di dimensionamento scolastico guidate da logiche funzionaliste.
Studi recenti (Di Cataldo, 2022) hanno rilevato una correlazione tra il calo demografico, la scomparsa delle scuole e l'impoverimento del tessuto socio-economico. Le chiusure delle scuole a seguito della riforma Gelmini hanno contribuito allo spopolamento dei piccoli e medi centri abitati, con l'abbandono da parte delle persone in età scolastica. Questo fenomeno ha colpito il mercato immobiliare e ridotto i presidi sanitari e i servizi di trasporto pubblico.
Inoltre, considerando che le fragilità territoriali si sommano alle condizioni di svantaggio individuale, come quelle legate al contesto familiare, è chiaro che una politica di dimensionamento basata esclusivamente sull’ottimizzazione delle risorse rischia di generare un numero crescente di periferie educative. L'accesso a un'istruzione di qualità, uno degli obiettivi dell'Agenda 2030, è gravemente compromesso.
Il provvedimento del ministro Valditara, sebbene concepito con l'intento di razionalizzare le risorse scolastiche, rischia di esacerbare le disuguaglianze già presenti in molte aree del Sud Italia. La riduzione delle autonomie scolastiche e la conseguente chiusura delle scuole nelle zone periferiche e meno densamente popolate possono avere effetti devastanti sul tessuto socio-economico di queste comunità.
Le riforme precedenti, come quella del 2008, hanno già mostrato come l'accorpamento e la chiusura degli istituti scolastici possano portare a un peggioramento delle condizioni di vita nelle aree meno servite. La migrazione delle famiglie in cerca di migliori opportunità educative e lavorative provoca effetti che vanno dalla svalutazione immobiliare alla riduzione dei servizi essenziali, creando una spirale negativa difficile da invertire.Comunità come Gela stanno vivendo una significativa decrescita demografica, alimentata dall'emigrazione dei giovani e da un alto tasso di denatalità.
C'è una chiara circolarità tra il calo demografico, la scomparsa delle scuole e l'impoverimento del tessuto sociale ed economico. Un "effetto domino", dove la caduta di un elemento trascina con sé tutti gli altri, e rende difficile invertire la rotta. In sintesi, le nuove norme sul dimensionamento scolastico introdotte dal ministro Valditara potrebbero avere effetti profondamente negativi sulle regioni più vulnerabili del Sud Italia.
È essenziale che le politiche educative tengano conto delle specificità territoriali e delle necessità delle comunità locali, per evitare di creare nuove periferie educative e garantire a tutti l'accesso a un'istruzione di qualità.
E’ bene tuttavia porre l’accento su una peculiarità che riguarda Gela, dove i corsi di studio si sono moltiplicati, coprendo ormai un'ampia gamma di opportunità educative; nonostante la riduzione delle autonomie scolastiche si è verificato un ampliamento dell'offerta formativa, che avrebbe potuto essere valorizzata.
Se da un lato la riduzione delle scuole autonome può impoverire il tessuto sociale ed economico delle aree più vulnerabili, creando quel circolo vizioso che porta a ulteriori disuguaglianze, dall'altro lato l'ampliamento dell'offerta formativa rappresenta un tentativo di rispondere alle esigenze educative locali e mostra di attrarre studenti, preparando i giovani alle sfide del mercato del lavoro e buoni motivi per rimanere nella loro comunità d'origine.
È essenziale comprendere che questi due fenomeni – riduzione delle autonomie scolastiche e ampliamento dell'offerta formativa – non devono necessariamente essere viste in contrasto. Anzi, un'integrazione strategica delle risorse educative potrebbe portare a un modello di sviluppo sostenibile per le comunità locali. Politiche mirate che favoriscono l'innovazione nell'offerta formativa, insieme a un supporto infrastrutturale e a investimenti nella qualità dell'istruzione, potrebbero trasformare le sfide in opportunità.
Tuttavia, l'esperienza di Gela offre un'interessante contro-narrativa. Per trasformare queste sfide in opportunità, è necessario un approccio politico lungimirante e integrato.
Le politiche di dimensionamento scolastico devono essere accompagnate da investimenti mirati che sostengano l'innovazione e la qualità dell'istruzione, specialmente nelle aree più vulnerabili. È essenziale promuovere modelli educativi che valorizzino l'autonomia scolastica e la partecipazione comunitaria, creando reti di supporto che possano contrastare l'isolamento e la marginalizzazione.
La sfida del dimensionamento scolastico può essere trasformata in un'opportunità di rinascita, ma richiede una visione politica che sia tanto pragmatica quanto empatica.
La chiave del successo risiede nell'equilibrio tra razionalizzazione delle risorse e promozione di un'educazione inclusiva e di qualità, che riconosca e valorizzi la ricchezza delle diversità territoriali del nostro Paese.