Negli anni settanta accadde un terribile incidente su una nave attraccata al porto-isola dell’Eni di Gela.
Una petroliera andò in fiamme, bruciarono come torce ben tredici lavoratori: le ustioni che tennero in vita alcune vittime per ore, per loro la fine fu una liberazione da inenarrabili sofferenze.
Vennero ricoverati nell’ospedale di Gela, allora ospitato nel vecchio monastero del centro storico, una struttura che non disponeva di strumenti per curare o alleviare le sofferenze degli ustionati. L’episodio destò dolore e rabbia, ma niente a che vedere con le reazioni che si registrano nei nostri giorni a causa anche di una incidenza molto più alta di incidenti sul lavoro, tanto da provocare una risposta forte del sindacato dei lavoratori, Uil e Cgil in testa.
Secondo l'ultimo rapporto dell'Istat, gli incidenti sul lavoro in Italia mostrano una lieve diminuzione in termini percentuali rispetto agli anni precedenti, ma il numero assoluto rimane allarmante con migliaia di incidenti ogni anno, inclusi centinaia di casi mortali. Questi dati non solo riflettono le condizioni di lavoro, ma anche l'efficacia delle politiche di sicurezza adottate dalle aziende e dalle autorità di governo.
La crescita esponenziale di sinistri mortali nei cantieri segue da vicino la crescita dei cantieri, talché è possibile ritenere che i pericoli per i lavoratori nelle fabbriche e in edilizia sono stati sempre alti a causa di un’assenza di vigilanza e controllo da parte delle autorità preposte. Non è stata mai in cima ai pensieri dei governi la salvaguardia dei lavoratori.
E’ prevalsa, per dare la misura delle sensibilità governative, la scala dei pericoli proclamata da una parte delle forze politiche, quella che da trenta anni avverte gli italiani che i più grandi rischi per la sicurezza provengono dall’arrivo di esuli dai paesi extraeuropei.
Quando si verificò la strage nel porto di Gela, e questo ci consente di leggere il passato, il format televisivo domenicale affidato a Dario Fo, ricco di satira (dissacrante), venne fermato di botto e gli autori invitati a farsi da parte perché uno sketch raccontava di un incidente sul lavoro capitata in una fabbrica di carne in scatola.
Rimasto ucciso dalla macchina addetta alla macerazione delle carni, il malcapitato finisce nell’intruglio pronto all’inscatolamento, senza che il ciclo della produzione venga fermato per non perdere il prodotto. A chi toccò di mangiare i poveri resti del lavoratore sacrificato alle ragioni del profitto, sembrò chiedersi Dario Fo con l’intenzione di scuotere le coscienze del suo tempo. Satira macabra, non v’è dubbio, ma utile per mettere in luce cinismo e le sensibilità aziendale del tempo.
Più di mille morti dall’inizio dell’anno – in fabbrica e nei cantieri oggi – ci avvertono che le lobby prevalenti, politiche e non, mantengono basso il livello di sorveglianza da un lato e creano diversivi dall’altra.Il pericolo della pelle nera, dell’Islam fondamentalista alle porte, dell’importazioni di malattie e di criminalità, al botteghino dei consensi pagano cash quando si entra nelle urne elettorali.
Il cinismo aziendale degli anni Settanta e quello di chi crea diversivi a scapito della sicurezza ci sono ancora, è cambiata semmai la modalità con cui si mantiene ai margini il tema della sicurezza nei posti di lavoro.
Intendiamoci, l’impresa nasce e cresce facendo profitti, criminalizzare i profitti significa modificare alla radice il sistema sociale, economico e politico del Paese. Un’alternativa affatto sicura, anzi piena di rischi per le libertà e la democrazia, come dimostrano le esperienze di regimi comunisti, tirannie nelle quali le ricchezze sono in mano ai governanti e regimi ibridi (comunismo capitalista cinese) che spalancano le porte ad una oligarchia che obbedisce al partito unico. Il mondo imprenditoriale, inoltre, è variegato e non può essere rappresentato come un monolite dal pensiero unico.
Ci sono imprenditori che investono sulla sicurezza e il benessere sociale dei lavoratori, traendone beneficio sulla qualità della produzione, economie di gestione e guadagni, ed altri che attuano una rischiosa politica dei risparmi, specie nei cantieri, e c’è anche una legislazione a maglie larghe che, autorizzando subappalti a cascata, disperde le responsabilità in mille rivoli.
La mancanza di investimenti adeguati in sicurezza può portare a incidenti gravi, che oltre a danneggiare gravemente la salute dei lavoratori, possono comportare costi elevati in termini di danni legali, perdita di produttività e danni all'immagine aziendale.
La legislazione attuale, che permette l'uso estensivo di subappalti, contribuisce spesso a una diluizione delle responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro. Questo sistema di subappalti a cascata può rendere difficile identificare chi sia realmente responsabile per le condizioni di lavoro, complicando gli sforzi per garantire la sicurezza e il benessere dei lavoratori.
Gli incidenti sul lavoro continuano perciò a rappresentare una delle maggiori problematiche nel settore industriale, evidenziando una discrepanza significativa tra le aziende che investono in sicurezza e benessere dei lavoratori e quelle che preferiscono politiche di risparmio rischiose. La recente tragedia nella centrale idroelettrica ne è un esempio drammatico.
Le aziende che hanno scelto di investire significativamente nella sicurezza dei loro lavoratori registrano miglioramenti notevoli in termini di riduzione degli infortuni, maggiore soddisfazione e produttività dei dipendenti, e minori costi a lungo termine dovuti a assenze e cause legali.
Questi benefici si traducono in una migliore reputazione aziendale e in vantaggi economici sostanziali, evidenziando come la sicurezza non sia solo una questione etica ma anche economicamente vantaggiosa. Al contrario, le aziende che seguono una politica di cost cutting, taglio dei costi, spesso si trovano a fronteggiare rischi maggiori.
Per affrontare efficacemente la questione degli incidenti sul lavoro, è essenziale che le aziende riconoscano i benefici economici e umani degli investimenti in sicurezza. Inoltre, è necessaria una revisione della legislazione per stringere le maglie del sistema di subappalti e garantire una chiara attribuzione delle responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro.
Solo attraverso un impegno congiunto tra governo e imprese ed una legislazione mirata, sarà possibile ridurre significativamente il numero di incidenti sul lavoro e migliorare la qualità della vita dei lavoratori. La sicurezza non deve essere vista come un costo, ma come un investimento fondamentale per il futuro delle aziende e della società nel suo insieme.
Siamo chiamati tutti alla vigilanza ed alla consapevolezza. Subire la comunicazione cinica e falsa su coloro che scappano dal loro paese per fame è una menzogna che giustifica alla fine anche la diserzione delle autorità di controllo dai posti di lavoro. C’è la responsabilità del comune cittadino se essa ha avuto successo e se i cantieri di lavoro e le fabbriche non sono adeguatamente sottoposti a controlli di sicurezza.