Il Tribunale di Gela nasce nel periodo più difficile della storia repubblicana della città, attanagliata da un faida mafiosa dall’inaudita violenza.
Una sorta di “far west” in cui a contendersi la ricchezza prodotta dal petrolchimico, furono “Cosa Nostra” ed una sua costola locale, la “Stiddra”. Agire al di fuori della legge significò fare tantissimi soldi facili, secondo una logica che si impose con tutta la sua efferatezza, in un clima di autentica ferocia. L’istituzione di un presidio di legalità come il Tribunale e la Procura della Repubblica italiana presso lo stesso, fu la riposta dello Stato.
Una risposta, invero, piuttosto tardiva. Gela reclamava il Tribunale sin dagli albori della Repubblica e di tutto il contenzioso che gravava su Caltanissetta, Gela rappresentava da sola oltre il 50%, specie in ambito civile. La sua istituzione, dunque, fu un atto di giustizia in tutti i sensi, in una storia che necessita ancora di essere ricordata e raccontata, anche per evitare falsi revisionismi dettati da brame mai sopite. Non c’è futuro senza passato, diceva Primo Levi.
Ce lo conferma Totò Crocetta, firmatario del primo disegno di legge (ddl) che portò alla legge che istituì il Tribunale di Gela. Senatore per tre legislature consecutive (IX, X e XI), fu eletto nelle prime due tra le fila del Partito comunista italiano (Pci) e l'ultima in Rifondazione comunista. Più avanti, nell’attività extraparlamentare, aderì al Partito dei comunisti italiani (Pdci): «La sensazione diffusa nella città – rammenta Totò Crocetta – rispetto a quello che stava accadendo era molto pesante. E' anche vero, però, che l'esigenza di un presidio di legalità come il Tribunale innanzi alla recrudescenza del fenomeno mafioso, accelerò un processo di rivendicazione che partiva da lontano.
Sin dal 1948, ma ci fu anche un ddl presentato qualche anno prima, si accavallarono tentativi per istituire il Tribunale a Gela, tutti andati a vuoto. Un Ddl fu presentato nella terza legislatura (1963-1968) su proposta del sen. Giuseppe Alessi ma si trattava di un'iniziativa destinata a morire, ad essere insomma inconcludente, perché la votazione del ddl era prevista tre giorni prima la fine della legislatura e, puntualmente, non se ne fece nulla».
Il Tribunale, del resto, fu anche un successo contro le resistenze nissene: «proprio quella vicenda – conferma - ne accentuò il dualismo, contribuendo a rendendolo poi negli anni atavico. A Gela ricordo scoppiarono tumulti, cartelloni che inneggiavano all'amaro “Ramazzotti”, abbasso l'amaro “Averna” e quant'altro. Insomma nella rivendicazione del Tribunale a Gela, si inserì lo storico risentimento tra gelesi e nisseni.
Pertanto, ancor prima che scoppiasse la guerra di mafia a Gela, mi interessai alla questione non appena eletto al Senato nel 1983. Andai dal capogruppo del Pci, sen. Ricci, chiedendo di essere autorizzato a presentare un ddl per l'istituzione del Tribunale di Gela, ma essendo Ricci membro della commissione Giustizia, mi assicurò che nella ristrutturazione ministeriale che prefigurava anche l'istituzione di nuovi tribunali, quello di Gela sarebbe rientrato in elenco. Allora il sen. Damaggio presentò un ddl, ma rimase lettera morta».
A quel punto, però, cambiò il registro: «agli inizi della seconda legislatura – prosegue – in cui fui confermato senatore, la X, fui invitato in un riunione in municipio ed una delegazione di avvocati gelesi mi chiese di presentare un ddl. Diedi la mia disponibilità, ma a condizione di procedere solo dopo le elezioni amministrative del 1988. Ciò che mi fece accorciare i tempi fu la dichiarazione dell'avv. Giuseppe Alma durante un comizio, in cui disse che era stato informato dal deputato trapanese, on. Egidio Alagna, che lo stesso aveva presentato un ddl alla Camera.
Nel controllare, però non trovai nulla a firma di Alagna. L'unico ddl era a firma del missino, on. Enzo Trantino, che ci faceva litigare con altre realtà territoriali che avevano già o che aspiravano al Tribunale. Al che presentai al Senato, come unico firmatario, il Ddl per l'istituzione del Tribunale di Gela, a cui si accavallarono, molto tempo dopo, in serie, un altro ddl del Msi, un altro ancora della Dc ed un altro del Psi. Fu mia premura non creare conflittualità che avrebbero creato i soliti veti e controveti, anche all'interno del mio stesso partito.
Tanto che su invito del sen. Vitale mi incontrai con il presidente dell'ordine degli avvocati di Caltagirone preoccupato dal Ddl Trantino ed a cui assicurai che il Tribunale di Gela, nel mio Ddl, non comprendeva la pretura di Niscemi, che era invece dentro la giurisdizione di del Tribunale calatino. Questo facilitò l'aggiungersi di altre firme di miei colleghi al ddl, come il ragusano Scivoletto che non si preoccupò più per il tribunale di Vittoria e, per gli stessi motivi, l'agrigentino Gambino. Al ddl mise la firma anche il senatore Imposimato, già figura prestigiosa della magistratura, a cui era stato ammazzato un fratello dalla camorra e che sostenne il mio ddl in commissione Giustizia».
Tutto questo però, non bastava: «ero consapevole – ribatte – che per il buon esito dell'iniziativa dovevo mantenere il ferro caldo e batterlo continuamente, in un pressing asfissiante con cui non lasciai in pace né il Presidente del Senato, né il presidente della commissione Giustizia. L’obiettivo era vedere assegnato prima possibile il Ddl, così da poter ottenere celermente i pareri, a partire da quello costituzionale che arrivò subito ed a cui seguì quello, anch'esso favorevole, della commissione Bilancio. Solo allora arrivarono gli altri ddl che ho prima menzionato e che si giustificavano sulla asserzione che il mio ddl non avesse sufficiente copertura finanziaria. Ma alla prova dei fatti fu il contrario: il mio ddl aveva una adeguata copertura finanziaria, a differenza invece degli altri».
Un lavoro certosino, per un impegno continuo, senza sosta: «Non mi sono – continua – mai fermato un attimo. Ho ricevuto più volte la delegazione degli avvocati gelesi capeggiati dall'allora presidente dell'Ordine di Gela, avv. Angelo Moscato, accompagnato sovente dall'avv. Pippo Vitale. Mi ricordo di giovani avvocati come Giulio Piazza e Vincenzo Battaglia. Gli procuravo incontri non solo col mio, ma anche con gli altri gruppi parlamentari.
Inoltre, ho sollevato più volte la questione in aula. Ho scritto una lettera aperta al Capo dello Stato, il presidente Francesco Cossiga, in occasione della triste scomparsa di un quattordicenne gelese vittima di un incidente sul lavoro. Dopo la "strage di Gela", sono intervenuto in prima commissione durante l'audizione del ministro Vincenzo Scotti, facendo notare che come nel 1948 a Villalba, la Pretura fu istituita perché la giustizia era amministrata da don Calò Vizzini, a Gela occorreva il Tribunale per dimostrare che era lo Stato e non la mafia ad amministrare la giustizia».
Intanto, qualcuno si insinuava per mettere i bastoni fra le ruote: «assegnato il ddl e discusso, toccava alla "deliberante" approvarlo, contro una sorta – ammette - di ostruzionismo camuffato della Dc, in effetti. La Democrazia cristiana aveva scritto un ddl che creava malumori in tutta l'isola, perché toglieva un Tribunale alla Corte d'Appello di Palermo, Licata ad Agrigento, Niscemi a Caltagirone, Vittoria a Ragusa. Quest’ultima veniva compensata con l'accorpamento di Modica che rimaneva a sua volta a mani vuote. Il tutto nella consapevolezza che quand'anche fosse passato al Senato, il ddl non sarebbe passato alla Camera. Decisiva si rivelò la scelta di togliere Riesi, lasciando solo Mazzarino e Butera con Gela.
Optai per un sacrificio in termini di ridimensionamento, ma guarda caso ottenni il lascia passare non solo al Senato, ma anche alla Camera, dove la Dc si comportò diversamente ed il ddl fu approvato senza modifiche. Non mancarono tentativi di sabotaggio, specie da ambienti nisseni e ciò che mi fece più male, addolorandomi profondamente, fu l'avversione di comunisti come me, che in quanto nisseni e dunque per questioni di collegio e di campanile, giunsero a lamentarsi con l'on. Luciano Violante arrivando persino a dire che l'istituzione del tribunale a Gela era funzionale alla mafia.
Fui costretto ad ingoiare il rospo ed incassare il colpo, andando a spiegare le ragioni del Tribunale a Gela allo stesso Violante, ma fu soprattutto l'impegno della capogruppo alla commissione Giustizia alla Camera, Anna Maria Predazzi Cipolla, a fare in modo che il Ddl passasse alla Camera, senza quelle modifiche che lo avrebbero di nuovo riportato al Senato».
Successivamente, anche negli a venire e fino ad oggi, ritornano periodicamente sortite intese a mettere il cappello sulla legge istitutiva: «Certo – riconosce Totò Crocetta – in questi anni ci sono stati tentativi, alcuni anche maldestri, di dare meriti ad altri. A ciò c'è pure da aggiungere la vicenda kafkiana che ha visto la Gazzetta ufficiale pubblicare erratamente l'ultimo Ddl, quello che in pratica ambiva ad affossare l'iniziativa e non il mio che era invece il primo.
Su intervento dei senatori Ferdinando Imposimato e il calatino Giuseppe Vitale presso la Presidenza del consiglio, la settimana dopo la Gazzetta ufficiale operò la dovuta rettifica, specificando che il Tribunale di Gela veniva istituito sulla base del primo ddl, a firma del sen. Salvatore Crocetta.
Grande fu la soddisfazione in occasione della sua inaugurazione con tanto di visita del Presidente Cossiga e, sebbene l'ordine degli avvocati mi consegnò una medaglia ricordo, diciamo in forma privata, debbo onestamente ricordare che in occasione dell'approvazione del Ddl al Senato, con la delegazione di avvocati gelesi presenti, il presidente dell'ordine, avv. Angelo Moscato, tornato in città, fece un manifesto in cui annunciava che era stato approvato al Senato il Ddl del sen. Crocetta sul Tribunale di Gela».