La questione della ambulanza all’ospedale di Gela rappresenta una situazione incresciosa che si trascina da settimane, indecente ed indegna per una città di oltre 70 mila abitanti in un paese, ancorché in una sua demarcazione regionale, che si definisce civilizzato.
Quello sanitario, in molti lo dimenticano, rimane un servizio nazionale, pur con tutta l’autonomia siciliana. E quanto accade a Gela è intollerabile.
Persino il più attendista dei sindaci gelesi eletti dai cittadini e non più dai partiti, che rischia severamente di passare alla storia di questa città come il sindaco “temporeggiatore”, ha dovuto prenderne atto: «ancora una volta – ha affermato in una nota, Lucio Greco – si è registrato un grave e significativo ritardo nell’arrivo dell’ambulanza medicalizzata del 118 sul luogo di un incidente stradale. È accaduto sul centralissimo Corso Aldisio, dove una ragazza che viaggiava in sella alla sua Vespa è finita rovinosamente sull’asfalto.
È inconcepibile che la Regione decida di non mantenere in qualunque caso l’ambulanza a Gela, una città che conta 70 mila cittadini e nella quale è inevitabile che l’incidenza dei sinistri e dei malori sia maggiore rispetto ad altre realtà che contano un numero inferiore di abitanti. Ho già interloquito con i responsabili del 118 a livello regionale e provinciale, e mi hanno spiegato – ha proseguito – che il problema si è presentato perché agli avvisi pubblici per trovare medici disponibili ad operare su Gela non ha risposto nessuno.
Ho chiesto di risolvere con un provvedimento urgente, ossia lo spostamento temporaneo dell’ambulanza da Niscemi a Gela, fin quando non ci sarà una postazione fissa per l’ambulanza medicalizzata nel nostro territorio. Non è possibile che, in più occasioni, delle persone ferite siano rimaste a terra per ore.
Da rappresentante delle Istituzioni intendo privilegiare la linea del dialogo e del confronto, auspicando che la Regione e i responsabili del 118 diano seguito a questa mia richiesta. Se, però, non dovessero arrivare riscontri in tempi strettissimi, mio malgrado – ha concluso – mi vedrò costretto a rivolgermi anche all’autorità giudiziaria».
Sarà stato un caso, ma a distanza di poche ore è giunta notizia di un incontro fissato per il 31 agosto all’assessorato regionale alla Salute che ha inviato un’apposita nota di convocazione destinata al direttore generale dell’Asp Cl2, Alessandro Caltagirone, al direttore della centrale del 118, Giuseppe Misuraca ed al sindaco di Gela, Lucio Greco.
«Se Gela avesse 10.000 abitanti – ci rispondono i due coordinatori del comitato “Sos Vittorio Emanuele III”, Luciana Carfì e Filippo Franzone – sarebbe quasi normale attendere anche per mezzora un’ambulanza che arriva da un’altra città. Ma Gela da sola ha 75.000 abitanti, d’estate ancor più e non può assolutamente avere carenze di questo tipo. Carenze ataviche, non risolte da anni… e dovremmo pure stare zitti!»
I due esponenti del comitato spontaneo sottolineano che l’ospedale di Gela ha carenze superiori al 50% in tutti i reparti, medici, infermieri, Oss, ecc., sono tutti sotto organico. In più, svariati reparti sono chiusi o mai aperti e nulla è cambiato dall’incontro del 14 luglio con la dirigenza Asp Cl 22, il sindaco ed il presidente della commissione consiliare:
«proprio in quella riunione – rammendano Carfì e Franzone – abbiamo posto con fermezza tale criticità, con una sola ambulanza in una città di oltre 70 mila abitanti a cui si aggiungono studenti, emigrati e turisti in ferie e vacanze durante l'estate ed in particolare il mese di agosto.
Abbiamo chiesto di staccare medici e mezzi da Caltanissetta ed altri nosocomi provinciali e ci è stato risposto, puntualmente, che nessuno voleva venire e che anzi non dovevamo sollevare troppo questa problematica, accanto altre, perché danneggiamo l’immagine della città, ma noi pensiamo che chi danneggia l'immagine della città è chi non fa il proprio dovere o lo fa male, perché a prevalere è l'interesse di piccoli gruppi e non dell'intera collettività, il cui diritto alla salute non è riconosciuto e salvaguardato».
Cionondimeno, «il comitato non molla – assicurano – benché rimasto solo nella battaglia, emarginato di fatto dalla politica nelle istituzioni che non ha mai dato risposte vere, concrete, ai tanti quesiti e problematiche che abbiamo messo in campo, dalla terapia intensiva, alla medicina d'emergenza, a partire dal pronto soccorso.
Reparti che continuano a rimanere chiusi, vedi medicina generale, malattie infettive, a cui si aggiungono altri assolutamente ridimensionati come ortopedia, tanto da farci diventare i destinatari di tutte le proteste degli utenti, i quali – concludono - continuano ad inondare con mail di denuncia la nostra posta elettronica».
Intanto ci raccontano la storia di un uomo che si alza all’alba per andare a lavorare, ma scivola sulle scale e si rompe il braccio. Anziché andare al posto di lavoro, pertanto, tira dritto per il pronto soccorso ma gli dicono di aspettare e tornare più tardi. Troppo presto? Nel fine settimana, altresì, un’anziana cade e si rompe il polso ma non c’è posto in reparto.
Il lunedì il posto in ortopedia non si libera ed i famigliari la portano al nosocomio di Vittoria per ricoverarla. Non è il primo caso e probabilmente, purtroppo, non sarà l’ultimo di gelesi ricoverati altrove persino fuori provincia: una cosa di cui il management aziendale e la direzione del presidio gelese possono vantarsi, perché l’importante è esistere, anche solo sulla carta.