Lunedì scorso 16 maggio Eni ha riavviato la bioraffineria dopo che le parti interne del forno danneggiate dall’evento avvenuto nel gennaio scorso sono state sostituite.
Si stima che entro un paio di settimane la produzione di biocarburanti idrogenati Hvo sarà operativa. Secondo quanto informa la stessa multinazionale «gli impianti verranno riavviati con materie prime al 90% costituite da scarti e residui di lavorazione, tra cui quote di oli vegetali usati e di frittura e grassi animali. Entro la fine del 2022 anche la quota residuale, pari al 10%, di olio di palma certificato secondo le più stringenti normative internazionali verrà eliminata».
Avviata nel 2019, Rage ha una capacità autorizzata di 750mila tonnellate/anno ed è tra i più innovativi impianti di “green refinery” in Europa, a elevata flessibilità operativa giacché produce biocarburante, bionafta e biogpl da materie prime che derivano totalmente da scarti della produzione alimentare e sottoprodotti legati alla lavorazione degli oli vegetali, che altrimenti andrebbero a smaltimento, con aggravio dei costi per la comunità e impatto sull’ambiente.
Inoltre, va ricordato – anche per comprendere meglio alcuni sviluppi attuali e futuri che interessano e coinvolgeranno il sito industriale di contrada “Piana del Signore” – che nel maggio dello scorso anno la bioraffineria di Gela ha ottenuto la certificazione ambientale “Emas” per il suo nuovo assetto industriale: una certificazione, cioè, che concerne non solo la produzione di carburanti da materie prime organiche, ma anche il trattamento e smaltimento dei rifiuti, la gestione delle reti fognarie e la raccolta trattamento e fornitura di acqua.
Infine, «ulteriori investimenti – fanno sapere da Eni – sono programmati per avviare dal 2024 la produzione di 150mila tonnellate/anno di Eni Biojet, che conterrà il 100% di componente biogenica e potrà essere utilizzato in miscela con il jet convenzionale fino al 50%».
É quanto, peraltro, veniva ravvisato nella lettera agli azionisti della presidente Lucia Calvosa e dell'Amministratore delegato Claudio Descalzi, in occasione dell'approvazione del bilancio di esercizio 2021: «lo sviluppo dei biocarburanti – si legge nel documento - è uno dei driver del percorso di transizione energetica di Eni fondato sull’economia circolare.
Tale linea d’azione fa leva sulle nostre due bioraffinerie di Gela e Venezia, asset distintivi grazie alle tecnologie proprietarie d’avanguardia e ai costanti miglioramenti di prodotto e processo. Nel 2021 è stata avviata la produzione di carburanti sostenibili per l’aviazione “Saf” (sustainable aviation fuels) da materie prime “Uco” (oli usati e altri scarti) non in competizione con la catena alimentare, impiegando le tecnologie proprietarie della raffinazione tradizionale.
La produzione di Saf vedrà una fase di ramp-up con circa 10 mila tonnellate/anno mediante co-feeding degli impianti a carica petrolifera con Uco, fino alla partenza nel 2024 del progetto Eni Biojet presso la bioraffineria di Gela che consentirà l’immissione sul mercato di ulteriori 150 mila tonnellate/anno di Saf provenienti al 100% da materie prime bio, in grado di soddisfare il potenziale obbligo del mercato italiano per il 2025.
Confermiamo l’impegno a rendere i nostri biocarburanti palm-free entro il 2023, grazie alle nostre continue innovazioni di processo e quella dell’entrata in esercizio presso Gela dell’unità Btu in grado di ampliare in misura significativa la flessibilità di lavorazione dei feedstock, tanto che nel 2021 l’incidenza dell’olio di palma si è ridotta di un terzo».