La Sicilia, inaffondabile portaerei Nato

La Sicilia, inaffondabile portaerei Nato

L'Algeria – notizia delle ultime ore – è disposta ad aumentare il flusso di gas proveniente dall'altra sponda.

La dipendenza dalla Russia, quindi, potrebbe essere se non superata, almeno alleviata dagli algerini, grazie al green stream che porta il gas in Italia, e da qui in Europa, passando da Gela. La Sicilia così incrementa il suo potere strategico (ma non il suo potere politico).

Ora, come sempre, chiave d’Italia è la Sicilia. L’Italia si fa e disfa da quel triangolo galleggiante. Lo sanno i siciliani: «Sicilia senza Italia picca cunta, Italia senza Sicilia si ‘nni scanta». Tradotto: «La Sicilia senza Italia conta poco, l’Italia senza Sicilia ha paura di non farcela». E’ questa la conclusione cui perviene il recente Report di Limes, la più informata rivista italiana di geopolitica.

Il Report è passato inosservato, specie in Sicilia, dove le istituzioni regionali, i partiti e le leadership politiche non hanno mai preso coscienza del ruolo strategico essenziale affidato all’Isola dalla Nato, l’Europa e Roma. Un ruolo che espone l’Isola in prima linea, in caso di crisi internazionali, come quella che stiamo vivendo. E’ bene svegliarsi dal lungo torpore e prendere atto della realtà, che ci vede coinvolti fino al collo. 

Il sistema militare di difesa dell’Occidente è nato la notte fra il 9 e il 10 luglio 1943 con  l’Operazione Husky. E si è materializzato con le basi militari aeree e marittime siciliane, alle quali si è aggiunto dieci anni or ssono circa il poderoso sistema di comunicazioni satellitari ad alta frequenza (UHF) e a banda stretta (non superiore a 64 kbit/s), installato nella sughereta di Niscemi, conosciuto con un acronimo, Muos (Mobile User Objective System), gestito dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, e composto da quattro satelliti (più uno di riserva) e quattro stazioni di terra. 

Il sistema MUOS integra forze navali, aeree e terrestri in movimento in qualsiasi parte del mondo. Grazie al Muos, la base aerea di Sigonella è divenuta nel tempo la più importante struttura militare americana d’Europa per le operazioni aeree, di difesa ed eventuale attacco, grazie alla dislocazione dei droni, gli aerei senza pilota, in grado di colpire, ed osservare, con precisione chirurgica metà del mondo. 

A Sigonella dobbiamo aggiungere la base area di Birgi che in occasione dell’ultima guerra in Libia, ha ospitato i caccia francesi accanto a quelli in dotazione all’aeronautica militare italiana, di stanza nell’aeroporto trapanese. Le forze navali  dell’Alleanza atlantica, fino a poco tempo fa preponderanti nel Mediterraneo, hanno potuto contare, e continuano a contare, sul porto di Augusta, dove attraccano anche navi provviste anche di armi nucleari. 

Il ruolo strategico della Sicilia nel panorama geopolitico mondiale è stato, e lo è ancora, storicamente di grande rilevanza. A Comiso furono dislocate le ogive nucleari che permisero alla Nato, ed agli USA in particolare, di contrattare con l’ex Urss una moratoria delle armi nucleari. In realtà per un breve periodo l’offensiva nucleare fu affidata a un sistema di trasporto in movimento, e quindi non localizzabile all’interno dell’Isola. 

 La Sicilia presidia, in particolare, il fianco est della Nato, e segnatamente, il fronte orientale ed il Medio Oriente. Nacque in risposta alla dislocazione di ogive nucleari nei paesi satelliti dell’Urss.

 Altrettanto rilevante è il ruolo della Sicilia nel settore delle comunicazioni internazionali: l’isola è l’hub del commercio digitale, e per ciò stesso, un asset strategico militale e di intelligence. 

Il commercio digitale del XXI secolo viaggia alla velocità della luce attraverso le fibre ottiche contenute in cavi sottomarini che collegano l’Estremo Oriente al Nordamerica passando per la Sicilia, con il risultato di trasformare l’isola nel tassello strategico più ambìto dalle compagnie di comunicazione e più osservato dall’intelligence. 

Kevin Summers, direttore del magazine «Submarine Telecoms Forum», stampato in Virginia, dice che «l’importanza della Sicilia per i cavi a fibre ottiche è simile a quella che ha per i militari perché si trova in mezzo al Mediterraneo ed è accessibile facilmente da ogni sponda». Se fino agli Anni Ottanta i cavi sottomarini a fibre ottiche si diramavano soprattutto dal Nordamerica verso l’Europa: il boom degli ultimi 20 anni si deve alla crescita delle economie dell’Estremo Oriente ha accresciuto  l’importanza del Mediterraneo come area di transito fra Occidente e Oriente.

Basta osservare la mappa dei due principali cavi che collegano la Cina all’Europa e quindi al Nordamerica: il Sea-Me-We 3 e 4. Lo snodo siciliano è sul Tirreno Palermo e sul Canale di Sicilia, Mazara del Vallo.

«Sono due aree che, sommate alla terza di Catania, consentono di portare velocemente i cavi dalla bassa profondità alla superficie con costi ridotti» spiega Jonathan Wright, che conosce a fondo la mappa dell’isola per «Interoute», la società internazionale che ha creato un nuovo collegamento sottomarino fra la baia di St Paul a Malta e Mazara del Vallo.

Di questi argomenti si parla e si scrive poco o niente, e le ragioni sono intuibili. L’approdo dei cavi può essere autorizzato, di fatto, dall’assessorato regionale al rampo, senza alcuna trafila burocratica, a fronte di una straordinaria rilevanza strategia e delle implicazioni di intelligence che la struttura comporta. 

In definitiva fibra ottica, basi aeree e marittime, sistema di comunicazione satellitare, raffinerie di petrolio, costituiscono un obiettivo strategico di prim’ordine per ogni nemico che voglia colpire la Nato e l’Europa. 

Su un recente numero di Limes, la più autorevole rivista italiana di geopolitica, ben 25 pagine sono infatti dedicate alla Sicilia. Limes è. E c’è un ponderoso saggio di due autori americani pubblicato su Foreign Policy sull’Italia, potenza emergente (grazie alla Sicilia?). Una ragione c’è, se è stata fatta questa inconsueta scelta redazionale.

Sintetizzo perciò alcune osservazioni particolarmente importanti contenute nel report di Limes. 

L’Italia è immersa nel Mediterraneo. Il Mediterraneo è territorio conteso. Alla contesa partecipano le massime potenze mondiali – Usa, Cina, Russia – insieme alla Turchia, ai classici attori occidentali ed europei quali Francia, Regno Unito e, più defilata, Germania. Vi si affacciano nordafricani e arabi del Golfo, dall’Algeria all’Egitto, dagli Emirati Arabi Uniti al Qatar. Più Israele e Iran. La competizione verte sulla spartizione delle acque. 

La Cina si considera in guerra con gli Stati Uniti (commerciale, politica).  Su scala mondiale, il mare nostrum è Medioceano- un mare di mezzo -  in quanto connettore fra Atlantico e Indo-Pacifico. Nella partita fra Stati Uniti e Cina gerarchia delle onde vuole decisivo il Medioceano asiatico. Il nostro Mediterraneo viene secondo, dentro la medesima equazione. Visto dall’Italia è naturalmente primo.

Su scala regionale, il Medioceano torna Mediterraneo. Prevalgono le dinamiche sud-nord. Terre vicine s’avvicinano, finiscono a contatto. Specie a causa di migrazioni, oggi frenate dal virus. Al di là dello Stretto di Sicilia,c’è la  faglia tra Italia e la sponda libica dove regna il caos, e delle postazioni russe e turche appena scavate nelle Libie, che si aprono nelle terre di nessuno. I competitori si sfiorano, s’annusano, toccano. 

Lungo le frontiere marittime viranti in terrestri, ci sono faglie intestine in movimento, aspre tensioni sociali e falle culturali. Turchia e Russia sono installate lungo la faglia libica, nella Quarta Sponda che volemmo Libia salvo poi contribuire a sfasciarla. Ankara a Tripoli e Mosca in Cirenaica sono punte dell’iceberg, da leggere insieme alla espansione cinese nel cuore del Mediterraneo, via perno del Pireo. Russi, turchi e cinesi costruiscono teste di ponte

A questa panoramica aggiungo uno sguardo al passato, che ci fa sapere come siamo arrivati a questo punto. Durante la guerra fredda, il Mediterraneo era a stelle e strisce. I sottomarini sovietici che talvolta incappavano nelle reti dei nostri pescatori concelebravano, con rito ortodosso, quella messa. Oggi il molto poco che resta della Sesta Flotta è a Rota (Spagna).

Gli Stati Uniti vegliano soprattutto dall’alto (aria, spazio) e nella dimensione cibernetica. Postura reattiva. Di qui la percezione diffusa del loro declino. Nelle teste più che nei mezzi. Fra noi italiani, abituati a campare di rendita sul dominio statunitense nel fu mare nostro, tale ritrazione induce spaesamento. Sindrome di Peter Pan. 

La congiunzione dei dieci punti è poco rassicurante. L’Italia minaccia di finire stritolata dall’effetto combinato di pressioni lungo le frontiere marittime viranti in terrestri, faglie intestine in movimento, aspre tensioni sociali e falle culturali accentuate dal Covid-19. Mentre i nostri strateghi studiano il Mediterraneo allargato in via di allargamento con una flotta in restringimento, il mare/terra di casa ci si stringe addosso. Non per affetto. 

Il panorama che Lime mostra non abbisogna di alcun commento. Ma ha una pecca: nonostante la puntualità delle informazioni che contiene e la mappa del futuro che disegna, non ha previsto una crisi nel cuore dell’Europa, che sembra allontanarci dal Mediterraneo, dove però la Russia si E’ installata, come in Libia, e all’interno dell’Africa, nel Sael, con una compagnia di soldati mercenari, la Wagner. Tripoli non è mai stato “il bel sol d’amore”, ma oggi è più lontana che mai. Un altro fronte sul quale prestare grande attenzione.