Democrazia e dittatura,  opposti che si compenetrano

Democrazia e dittatura,  opposti che si compenetrano

Lo studioso di filosofia politica Emiliano Alessandroni (nella foto), che insegna all’Università “Carlo Bo” di Urbino, ha da poco dato alle stampe un denso volume di teoria della democrazia, “Dittature democratiche e democrazie dittatoriali.

Problemi Storici e filosofici” (Carocci editore, febbraio 2021, pp. 243), in cui il concetto stesso di democrazia è sottoposto a un esame critico serrato che mira a mostrarne il carattere tutt’altro che stabile e non controverso.

Anzi, sostiene Alessandroni, lo scenario geopolitico contemporaneo rende urgente una sua sofisticata problematizzazione che ne mostri i caratteri pericolosamente ambigui, perché ormai ciò che siamo abituati a considerare una acquisizione definitiva delle democrazie liberali rischia di rovesciarsi nel suo esatto opposto. D’altra parte, anche ciò che troppo frettolosamente siamo abituati a etichettare come “dittatoriale” contiene non di rado i germi di una più autentica realizzazione ed estensione dello spirito democratico.

  I presupposti filosofici di una simile impostazione teorica, esibiti chiaramente dall’autore, chiamano in causa le “coordinate dell’oggettivismo hegelo-marxista”. Questa formula, che negli ultimi due secoli ha dato vita a un grande dibattito filosofico-politico, conduce direttamente al cuore del discorso di Alessandroni. 

Secondo una logica schematica o, come direbbero i filosofi variamente idealisti, intellettualistica, “democrazia” e “dittatura” sono due concetti opposti che si escludono a vicenda: se un sistema politico è definibile come “democrazia”, allora esso esclude tutto ciò che indichiamo con l’etichetta “dittatura”, e viceversa. Ma, obietta Alessandroni, un siffatto modo di procedere non solo è di per sé logicamente debole (da un punto di vista hegeliano, come vedremo), ma la sua debolezza logica, ed è qui il punto politico-filosofico, maschera una “falsa coscienza” ideologica, nel senso preciso di Marx. 

Consideriamo innanzi tutto l’aspetto strettamente logico. Rifacendosi esplicitamente alla logica dialettica di Hegel, cui è dedicato tutto il primo capitolo, Alessandroni rileva che nella realtà concreta non si danno sistemi politici che incarnano senza residui il concetto puro di democrazia, e lo stesso vale per il concetto puro di dittatura. La ragione di ciò è che tali concetti sono semplici astrazioni che esistono solo come operazioni del nostro intelletto, che ama creare opposizioni schematiche. Nella realtà, infatti, tali opposizioni sussistono solo in una forma che le vede intimamente connesse e contaminate.

È questa la famosa “compenetrazione degli opposti”, che per Hegel costituisce una legge fondamentale della sua “logica dialettica”, che è autenticamente reale, e in tal senso essa si contrappone a quella formale e puramente astratta.

Nel famoso esempio di Hegel, ripreso dallo stesso Alessandroni, è come per la coppia, messa a tema dalla filosofia occidentale sin dalle sue origini, dei concetti opposti di “essere” e “nulla”: nella realtà non esiste qualcosa che sia puro essere, né, tanto meno, qualcosa che sia puro nulla, perché i due concetti si concretizzano e prendono movimento e vita nel divenire, che è continuo scambio di essere e non essere in ciò che viene all’esistenza,  si distingue da ciò che è altro da sé e infine dilegua nel nulla.

Cosa implica tutto ciò dal punto di vista politico? Consideriamo per esempio il cosiddetto Occidente democratico: nel corso dell’età moderna, paesi che si presentavano come la culla della democrazia e dell’umanesimo liberale hanno agito con metodi ferocemente dittatoriali nelle loro colonie del Terzo Mondo. Lo stesso partito democratico americano, nel corso del XIX secolo, era fortemente compromesso con l’affare dello schiavismo su base razziale.

Come si vede, dunque, nella realtà i concetti opposti si compenetrano al punto da rovesciarsi l’uno nell’altro, per il loro carattere intimamente dialettico, o fluido, come diremmo oggi.

Gli esempi potrebbero moltiplicarsi e Alessandroni ne fornisce in quantità, percorrendo in lungo e in largo la storia mondiale degli ultimi secoli, dal colonialismo alla guerra fredda, fino agli scenari odierni, segnati da un lato dalle guerre mosse a certi presunti dittatori per “esportare” la democrazia nei loro paesi e dall’altro dallo strapotere finanziario delle multinazionali dell’economia digitale, che ormai sono in grado di aggirare se non addirittura di dirigere la politica degli Stati.

Un esempio che ci riguarda da vicino illustra perfettamente il discorso di Alessandroni. Quando l’Italia fascista aggredì l’Abissinia, nell’ottobre del 1935, diversi antifascisti legati all’Internazionale comunista corsero in aiuto dell’Imperatore d’Etiopia. Secondo la logica che contrappone nettamente democrazia e dittatura, dovremmo considerare quegli antifascisti italiani come amici di un despota sanguinario e di conseguenza nemici della democrazia.

Ma le cose, suggerisce Alessandroni, non stanno così, perché la logica dialettica ci consente di analizzare il quadro in maniera diversa e più articolata. Aiutando un despota sostanzialmente innocuo sul piano globale, gli antifascisti comunisti contribuivano in quel momento a contrastare una minaccia ben più grave per le libertà occidentali, perché questo erano in quel momento il fascismo italiano e i suoi sodali internazionali.

“In sostanza”, chiosa Alessandroni, “la dittatura etiope, laddove si trovava ad arginare l’espansionismo fascista, costituiva, in ultima analisi, un baluardo di democrazia. Non per ciò che incarnava a livello strutturale, ma per la funzione che si trovava ad assolvere storicamente nel quadro dei rapporti di forza allora vigenti” (p. 10).

Situazioni analoghe si sono presentate altre volte nel corso del secondo dopoguerra, fino ai nostri giorni. Si pensi alle guerre euro-americane in Afghanistan e in Iraq dopo l’11 settembre 2001 (ma si potrebbe risalire fino alla cosiddetta Prima Guerra del Golfo, 1991): segnarono davvero un avanzamento e un allargamento della democrazia reale?

Chi confonde la “funzione” di un sistema politico con il “sistema” stesso, cioè con i suoi tratti politici strutturali (dittatura, democrazia), finisce per parlare assurdamente, per esempio a proposito delle aggressioni al “tiranno” Saddam Hussein, di “bombardamenti democratici”, perché dà dogmaticamente per acquisito che la democrazia sia tutta da una parte sola.

Oppure si pensi alla Germania dell’Ovest e alla Germania dell’Est all’epoca della guerra fredda, un tema cui Alessandroni dedica l’intero quinto capitolo del libro: il loro rapporto era catturato dall’opposizione democrazia versus dittatura o l’una era portatrice anche di istanze proprie dell’altra, in quella tipica compenetrazione degli opposti illustrata sopra?

Il saggio di Alessandroni mette in scena, nell’arco di otto capitoli, una serie di confronti con figure e nodi storico-politici di grande rilievo sulla scena mondiale: Hegel e Marx, la Russia di Lenin e la Cina di oggi (capitalismo o socialismo? Anche per questa dicotomia vale la legge della compenetrazione degli opposti), il colonialismo e il modo in cui il liberalismo lo ha messo a tema (per esempio con Tzvetan Todorov, cui Alessandroni rimprovera di aver coniugato contraddittoriamente anticolonialismo e “viscerale anticomunismo”), l’imperialismo americano e l’Unione europea. 

È proprio quest’ultima a costituire il punto d’approdo del discorso di Alessandroni. Lungi dal difendere uno sterile neomarxismo velleitariamente e anacronisticamente rivoluzionario come paradigma da contrapporre a qualsiasi opzione liberale, egli propone un “europeismo democratico” come via maestra per arginare le forme dilaganti di ultraliberismo e sovranismo antieuropeista e autoritario.

Facendo appello alla difesa hegeliana dell’individuo come portatore di un universale concreto in cui si realizza un’idea sostanziale di libertà, e coniugandola con la necessaria critica alle derive neoliberiste che occultano pulsioni autoritarie dietro lo spauracchio dell’anticomunismo, Alessandroni mostra come la democrazia sia incompatibile non con il comunismo, inteso come programma di universalizzazione della giustizia sociale, ma proprio con quel particolare anticomunismo occidentalista che in ultima analisi si è tradotto e si traduce ancora nella difesa delle disuguaglianze economiche in nome della sacralità delle libertà formali e delle leggi di mercato.

Strumento politico fondamentale in tal senso diventa allora l’opposizione all’imperialismo americano, unita a una difesa dell’autonomia europea e al rafforzamento dei rapporti dell’UE con le economie emergenti che rifiutano il capitalismo selvaggio per non perdere di vista la questione sociale, e in particolare con Russia e Cina.

Solo così, conclude Alessandroni, sarà possibile “organizzare le energie in vista di un maggior coordinamento politico tra le forze democratiche e anticapitaliste europee, al fine di imbastire all’interno dell’Europa una lotta di classe per maggiori diritti sociali, per una dignità del lavoro, per una pianificazione economica  indirizzata allo sviluppo delle forze produttive del continente” (8.9, p. 220).

Sia consentita una postilla conclusiva su un’assenza, che però assume la forma di una presenza spettrale. È certamente errato rimproverare a un testo come quello di Alessandroni, così ricco di riferimenti bibliografici, il fatto che vi manchi qualcosa o qualcuno, perché i lavori di questo tipo vanno giudicati per quello che offrono e non per quello che trascurano, la cui estensione è fatalmente illimitata.

Eppure vorrei spiegare in breve perché, leggendo questo libro, ho percepito insistentemente l’assenza ingombrante di Benedetto Croce, mai nominato nemmeno di sfuggita (un caso di pensatore nominato solo una volta e fuggevolmente nella nota 1 di 1.1, p. 15, e che forse avrebbe meritato più spazio, è Karl Popper, la cui critica logica ed epistemologica alla sintesi degli opposti di Hegel e al materialismo dialettico di Engels è ben più corrosiva di quella, più recente e memore della lezione popperiana, di Norberto Bobbio, sul quale Alessandroni si sofferma polemicamente in 3.6).

Alessandroni condivide con Croce la fiducia nel valore conoscitivo della logica dialettica di Hegel e sa benissimo che nessuno in Italia è stato capace di illustrare e usare meglio di lui la legge della compenetrazione degli opposti. Si pensi alle pagine iniziali della “Filosofia della pratica” (1909), il terzo pilastro posto da Croce come termine e culmine della prima versione del proprio sistema di Filosofia dello Spirito. 

Ebbene, qui Croce muove dall’apparentemente ovvia contrapposizione tra vita pratica e vita teoretica, ovvero tra uomini d’azione e uomini di pensiero, e dopo aver fornito un ampio ritratto di queste due categorie astrattamente contrapposte, ricorre al pensiero dialettico e conclude: “Non è vero che vi siano uomini pratici e uomini teoretici: l’uomo teoretico è anch’esso uomo pratico; vive, vuole, opera, come tutti gli altri: l’uomo che si è detto pratico, è anch’esso teoretico; contempla, crede, pensa, legge, scrive, ama la musica e le altre arti” (3ª ed., Laterza 1923, p. 5).

Come si vede, è lo stesso modo di procedere dialettico di Alessandroni, e le cose non finiscono qui. Com’è noto, partendo da una rivisitazione di Hegel, Croce approda a una peculiare versione idealistica del liberalismo, che ha rappresentato uno dei più possenti baluardi dell’antifascismo italiano; Alessandroni, invece, si inserisce nella linea di  pensiero che da Hegel porta a Marx e quindi al comunismo e alla critica anticapitalista e variamente antiliberale.

Ma la contrapposizione, fissata al comune perno hegeliano, permette di scorgere compenetrazioni e convergenze più profonde: così come Croce, grazie anche al serrato confronto giovanile con il pensiero marxista, difende un liberalismo attento ai valori sociali universali e concreti dell’individuo (come Alessandroni), allo stesso modo Alessandroni, pur da una prospettiva convintamente marxista, perviene all’idea, non estranea all’approccio liberale, di un europeismo compiutamente democratico che forse non sarebbe dispiaciuta troppo a Croce.