Dopo la fase rallentata dalla carenza di personale togato (l’80% in meno della dotazione organica), la Procura della Repubblica di Gela – dove intanto è arrivato un discreto numero di magistrati – ha dato un’accelerata alla sua attività con dei risultati per certi versi sorprendenti.
E’ di alcuni giorni fa il processo sulla vicenda del capannone sulla Gela-Catania, conclusosi con la condanna in 1° grado per abuso di ufficio e malversazione ai danni dello Stato di un ex dirigente ed un ex funzionario tecnico del Comune e dello stesso proprietario dell’immobile, a suo tempo costruito con contributi pubblici a fondo perduto concessi dal ministero per le Attività Produttive (circa 800 mila euro) per essere adibito ad attività artigianali. La sua destinazione d’uso è stata successivamente modificata mediante sanatoria in attività commerciale, determinando così un plus valore dell’immobile.
L’inchiesta è andata a rilento a causa della cronica carenza di magistrati inquirenti, fino a quando sono arrivati i rinforzi. Ad occuparsene, sotto la la direzione del procuratore capo Asaro, è stato il sostituto Luigi Lo Valvo, che in sede processuale è riuscito a strappare una sentenza di condanna per tre dei quattro imputati (assolto il responsabile della Politecnica, società incaricata dal Comune per istruire le istanze di condono edilizio). Condanna per l’ing. Renato Mauro (9 mesi, pena sospesa, e l’interdizione temporale dai pubblici uffici), all’epoca direttore generale del Comune; un anno e quattro mesi ciascuno per il proprietario dell’immobile Piero Bruscia e per il funzionario tecnico del Comune ing. Ignazio Russo ((anche per loro, pena sospesa).
A presiedere il collegio è stato il presidente di sezione giudice Miriam D’Amore (a latere Angela Di Pietro e Tiziana Landoni). L’accusa, oltre all’abuso, è riuscita a dimostrare anche la malversazione ai danni dello Stato, ottenendo per questo la confisca di una parte del capannone (che intanto è stato affittato a terzi per attività commerciale dietro canone annuo di 72 mila euro), a tutela del recupero del danno erariale. Il collegio giudicante ha per questo, su richiesta dell’accusa, disposto anche la trasmissione della sentenza di condanna alla Corte dei Conti, cui spetterà la valutazione di eventuali danni arrecati allo Stato.
La sentenza di condanna in 1° grado, qualunque possa essere l’esito dell’appello (occorrendo anche in Cassazione) è destinata ad infrangersi nella prescrizione, avvicinandosi il tempo dei 7 anni e mezzo previsti per beneficiare di questo istituto giuridico.
Altro processo andato a conclusione negli ultimi giorni, grazie sempre all’accelerazione dell’attività della Procura avuta con l’arrivo dei nuovi magistrati è stato quello a carico di Carmelo Antonuccio, 29 anni, processato per direttissima davanti dal Gup Tiziana Landoni. A sostenere l’accusa, il pm Mario Calabrese, che ha ottenuto la condanna dell’imputato a nove anni di reclusione (pena ridotta) per detenzione ai fini di spaccio di 5 kg di droga (marijuana, hashish e cocaina), che deteneva in casa, dove era in stato di detenzione. Dall’arresto, avvenuto a metà novembre scorso, alla definizione del processo, sono trascorsi appena 11 mesi.
Imminenti altre due date, quella del prossimo 7 novembre, con l’udienza preliminare sulla vicenda Rsa Caposoprano (di cui riferiamo in questa stessa pagina) e quella del 21 novembre, relativa all’inchiesta sull’emergenza rifiuti, entrambe davanti al giudice per le udienze preliminari Lirio Conti.