La calma piatta del porto: è ancora insabbiato

La calma piatta del porto: è ancora insabbiato

Quello della portualità gelese è oramai un argomento verso cui il cittadino gelese è sempre più incredulo, sfiduciato, abituato a sfoggiare, senza remore, l’atteggiamento tipico dello scettico, facendo le spallucce al solo sentir parlarne.

Sarebbe sciocco negarlo, dopo mezzo secolo di slogan elettorali, promesse, ripromesse e quant’altro, la questione è ferma al palo. L’emblema è la condizione in cui versa ancora il porto rifugio, di fatto ancora insabbiato. 

A fornirci qualche novità sono alcuni cittadini, riuniti nel “Comitato per il Porto del Golfo di Gela”, che ancora ci credono e continuano ad andare avanti, imperterriti, nella loro perseverante azione.

A fine mese scorso, una delegazione del comitato, formata da Ascanio Carpino, Antonio Adragna e Gaetano Patti, hanno incontrato i vertici dell’autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia occidentale, presso la sede di Palermo. All’incontro, oltre i rappresentanti sopra citati del comitato presieduto da Massimo Livoti, c’erano la responsabile del demanio ed il responsabile tecnico per il porto di Gela che hanno illustrato lo stato dell’iter procedurale per la riqualificazione e ristrutturazione del porto rifugio di Gela. 

L’iter risulta in essere in corso, con lavori già affidati ed iniziati sulla banchina nord. E’ altresì in corso l’aggiornamento della caratterizzazione delle sabbie. Infine, i tecnici dell’autorità portuale stanno elaborando una nuova ipotesi progettuale per una nuova costruzione di un nuovo braccio di ponente estrapolato dal progetto della darsena commerciale.

«Da quanto abbiamo appreso – fanno sapere dal comitato attraverso una nota - l’obiettivo primario dell’autorità portuale è quello di effettuare il dragaggio di tutto lo specchio d’acqua all’interno del porto rifugio di Gela, con la costruzione di una darsena e riqualificazione del sito per riportalo alla sua funzionalità.

Bisogna però ancora capire – avvertono – quale linea di finanziamento sarà possibile attivare per reperire le somme per effettuare l’opera infrastrutturale. Qui la politica locale regionale e nazionale deve intervenire innanzi due possibili percorsi. Il primo è quello dei fondi Fes (Fondo europeo di sviluppo) e Fesr (fondo europeo di sviluppo regionale), programmazione 2021-2027. La seconda possibilità è rappresentata dai fondi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), con ovviamente il progetto esecutivo pronto ad essere trasmesso entro la scadenza dei termini per attingere ai fondi. 

Inoltre – proseguono – risulta ancora in stallo il passaggio delle autorità portuale sulla base del protocollo d’intesa del settembre 2017, che dovrebbe subentrare al Dipartimento di Protezione civile regionale. Da mesi si aspetta una delibera di giunta regionale per formalizzare tale passaggio, in modo che si attivi l’impegno per il trasferimento delle restanti somme delle compensazioni eni, come previsto dal protocollo del 2014.

A tal proposito chiediamo alla deputazione regionale, in particolare agli onorevoli Scuvera, Di Paola e Mancuso, nonché alla deputazione nazionale, in particolare ai senatori Lorefice e Damante, oltre che ovviamente al sindaco, Terenziano Di Stefano, di attivarsi per ottenere dei risultati concreti. Fiduciosi – concludono – continueremo a seguire l’evoluzione dell’iter presso l’autorità di sistema portuale, giacché siamo sicuri che tale ente darà quella svolta che consentirà lo sviluppo socioeconomico sul fronte mare cittadino, con un porto funzionale». 

L’appello lanciato dal comitato alla politica espressa dal territorio ai livelli più alti è sacrosanto. La politica deve battere un colpo. Anzi, deve fare di più. Ci sta che cittadini chiedano l’obiettivo minimo di un ripristino della funzionalità di un porticciolo che manca da oltre un decennio. Ma la politica deve osare di più. La politica non può limitarsi a chiedere la resurrezione di una struttura portuale che si esaurisca nell’assicurare un “rifugio” a barche, scafi e gommoni per la pesca. 

Gela merita un porto turistico che accolga anche la nautica da diporto, imbarcazioni e yacht di lusso. Gela deve aspirarlo, così come è stato realizzato a Licata, Scoglitti (Vittoria) e Marina di Ragusa.

E ci fermiamo solo ai comuni più importanti che seguono lungo la costa sia ad occidente che ad oriente. Ciò significa dotare di servizi e comodità una struttura che dia la sensazione al turista di entrare in un luogo accogliente e sicuro. Ci riferiamo ai pontili galleggianti, boe di delimitazione, catene d’ormeggio e quant’altro di utile per confortare rassicurare gli avventori, specie in presenza di cattivo tempo ed onde altissime.  Ma ci riferiamo anche a locali dedicati innanzitutto ai servizi igienici, bagni e docce funzionanti, un pronto intervento. 

Vale sempre la pena elencare i vantaggi di un porto turistico, sotto il profilo non solo economico, ma anche sociale. Sotto quest’ultimo punto di vista ricordiamo cos’era il pontile sbarcatoio per molti gelesi, soprattutto la sera, vale a dire un autentico corridoio sul mare.

Il porto turistico, per gli abitanti, è una piazza sul mare, un luogo dove incontrarsi, interagire, in un contesto che porta peraltro ricchezza al territorio. Le prenotazioni crescono a dismisura di anno in anno e fanno della nautica da diporto, una risorsa essenziale dell’intero paese, con un giro d’affari tra i 3 e i 6 milioni di euro l’anno.

Il che, è stato calcolato, contribuisce a beneficiare il territorio di un ritorno economico compreso tra i 9 e i 18 milioni di euro l’anno. In media, dunque, un euro speso nel porto turistico equivale a tre euro spesi nel perimetro urbano cittadino.

Senza dimenticare che ad ormeggiare non sono solo le barche degli ospiti, ma anche quelle dei gelesi, oggi ormeggiate prevalentemente a Licata o anche altrove. E le barche hanno bisogno di manutenzione, oltre che di protezione. Ne consegue lavoro ed affari che, sebbene in misura ridotta, proseguono anche nei mesi non estivi.