Da decenni si discute di bonifiche delle aree industriali e risanamento ambientale nel territorio gelese, dichiarato dal 2000 Sin, vale a dire Sito di interesse nazionale, con 795 ettari di aree a terra, di cui circa 17 ettari di proprietà dell’ex Sindyal, oggi Eni rewind, nonché circa 55 ettari gestiti per conto dell’Isaf.
Solo nell’ultimo anno, la questione, con tutte le sue conseguenze specie in termini occupazionali, è ritornata ripetutamente a galla. Senonchè nulla di rilevante sia emerso ufficialmente o pubblicamente registrato dalle cronache. Nessuna traccia d’evidenza, insomma.
Sullo stato dell’arte abbiamo chiesto al segretario provinciale Uiltec Uil, Maurizio Castania, che sappiamo da sempre attento e costantemente vigile su questo tema: «ad oggi – ci riferisce il sindacalista – la società di riferimento dell'Eni, che è Eni rewind, continua ad prelevare liquido dalla falda con la tecnica dell’emungimento nei pozzi, intesa a bonificare il sottosuolo attraverso la separazione dell'acqua da fonti di idrocarburi. Al contempo, hanno iniziato la fase 4 della bonifica Isaf, ancor più complessa rispetto a quella in programma sul territorio.
Un processo, quest’ultimo, che ha subito notevoli ritardi in fase attuativa, a causa delle soliti lungaggini burocratiche, con l’accavallarsi di autorizzazioni ambientali da parte del Ministero dell'ambiente, unitamente a varie autorizzazioni regionali e prefettizie.
Smantellato totalmente – prosegue Castania – l'impianto inattivo Acn, è in essere lo smantellamento delle caldaie della centrale termoelettrica ed in procinto la demolizione dei capannoni ed edifici annessi dei fertilizzanti e dei concimi complessi dell'ex Enichem agricoltura. Resta fermo quanto pattuito con il protocollo d'intesa aggiuntivo sottoscritto e firmato sia dal ministro dell'Ambiente Costa, che dall'amministratore delegato di Eni Descalzi e cioè che nei prossimi tre anni, in sinergia con Raffineria di Gela, dovranno dismettere quasi tutti gli impianti ormai non più in attività e comunque legati al ciclo convenzionale di raffinazione, di quella che fu per mezzo secolo la Raffineria tradizionale.
Sul piano occupazione, attualmente – precisa - la forza lavoro dei dipendenti Eni rewind è di 110 unità, mentre gli indiretti ammontano a circa 250 unità. Recentemente c'è stato un incontro tra le segreterie sindacali unitarie tanto nazionali quanto territoriali e tutte le società di business dell'Eni presenti sul territorio. In merito a quanto sopra descritto, ci dovrà essere un incontro specifico con Eni rewind per ulteriori verifiche di allineamento in merito alle bonifiche. Complessivamente – conclude l’esponente della Uil – l’azienda ha più volte lamentato che i ritardi in quest’ultimo anno sono stati ulteriormente aggravati dalla pandemia covid-19».
Ci eravamo lasciati nel 2019 con le “magliette bianche” riunitesi in piazza a manifestare in pieno clima natalizio, mentre quest’anno è stato inaugurato con una direzione generale sulle bonifiche che ha indotto il senatore Lorefice a parlare di svolta per i Sin come Gela, a cui è seguito un tavolo romano per il rispetto del cronoprogramma relativo all’accordo integrativo. Sulle bonifiche ed i rapporti con Eni si sono registrati i primi rigurgiti pre-primaverili di quello che poi si è rivelato dapprima un deciso malessere e successivamente un divorzio a tutti gli effetti tra il Pd e l’amministrazione Greco.
In estate ci ha pensato la consigliere comunale grillina e convinta ambientalista, Virginia Farruggia, a tornare sull’argomento denunciando i pesanti ritardi e l’opportunità di far valere le responsabilità anche di chi ha inquinato prima del 2007, laddove per risposta l’assessore alle attività produttive, Terenziano Di Stefano, ha pensato di valutare la possibilità di una riperimetrazione del Sin, includendo altre aree (a partire dalla discarica “Cipolla”) coperte da fondi statali.
Per poi arrivare ai nostri giorni con la denuncia sugli iter bloccati a Brescia e Gela avanzata dai “Radicali” al ministro Costa in aggiunta alla proposta di utilizzare per i 41 Sin italiani parte del Recovery fund e l’iniziativa della Commissione consiliare all’ambiente, presieduta dal consigliere di maggioranza Rosario Trainito: «La settimana scorsa – ci ha spiegato il consigliere eletto nella lista “Un’altra Gela” – ho inviato una nota alla dirigente Cosentino del settore ecologia ed ambiente, per chiedere lumi su un evento relativo al colore scuro, quasi prossimo al nero, del fiume Gela.
Su invito della stessa mi sono recato al settore comunale ed ho parlato di persona con la dirigente – ha proseguito Trainito – approfittandone per chiederle se nel frattempo erano emerse delle novità in tema di bonifiche ambientali. La dott.ssa Cosentino mi ha risposto che da quando si è insediata nessuna novità è emersa. Ho sottoposto la questione agli altri membri della commissione ed abbiamo deciso di stilare un documento inviato ad Arpa, al sindaco nella veste di assessore ad interim all’ambiente ed alla stessa dirigente del settore, in cui chiediamo il punto della situazione da trasmettere ad Eni. La nostra preoccupazione – ha chiosato il presidente della commissione permanente all’ambiente - è che con la scusa del covid si faccia solo teatrino come per la sala intensiva all’ospedale, ad esempio, mentre da un anno e mezzo attendiamo di essere informati sulle bonifiche tanto sbandierate».
Dal canto suo Eni risponde come al solito con i suoi numeri: è di 179 milioni la spesa sostenuta in bonifica e risanamento ambientale a Gela fino al 2019. Sono 90 milioni le somme ancora da spendere per gli interventi che restano in programma. Infine 3 i milioni dichiarati in quanto a costi annuali per la gestione del Taf. Anzi, dalla multinazionale fanno sapere che si sono portati avanti sul tema del risanamento ambientale e dello sviluppo delle energie rinnovabili, in un’ottica di “decommissioning, decarbonizzazione ed economia circolare”, mentre procedono con le bonifiche.
A parte la “green refinery”, il cane a sei zampe tira dal cilindro l’impianto fotovoltaico di 1 megawatt costruito nel 2018 nell’area dove insisteva l’assett per la produzione di ossido di etilene e derivati, che si aggiunge al preesistente impianto fotovoltaico di 5 megawatt, costruito nel 2012 nell’ex discarica “Fosfogessi”. Senza dimenticare l’impianto pilota “Forsu” per il recupero e la trasformazione della frazione organica dei rifiuti solidi urbani in un bio olio che servirà a produrre carburanti di nuova generazione, oltre che ad evitare il deposito dei rifiuti in discarica, attraverso la tecnologia proprietaria, ossia “made in eni”, “Waste to Fuel”.