Coronavirus, stop and go! (tutti a casa in attesa del picco)

Coronavirus, stop and go! (tutti a casa in attesa del picco)

Dobbiamo restare a casa ed evitare di uscire, se non per lo stretto necessario.

Dal 10 marzo e fino al 3 aprile, tutti i cittadini italiani sono chiamati ad osservare una serie di misure restrittive, atte a contenere la pandemia da coronavirus che sta attanagliando l'intero paese, tanto da farne il secondo Stato al mondo per contagio, dietro solo alla Cina dove è esploso il primo focolaio. Nella penisola, non ci sono più zone rosse, gialle o bianche.

Da subito gli italiani hanno risposto positivamente, dopo le polemiche dei giorni precedenti. Nel frattempo i contagiati hanno superato quota 10 mila. L'immagine che ne deriva di Gela e di tutta l'Italia è quella di luoghi aperti al pubblico, piazze, parchi giochi, metropolitane (che come gli altri trasporti pubblici rimangono operativi) praticamente svuotati, con strade deserte o quasi. Un'immagine triste che richiama ad eventi devastanti, come quelli di natura bellica. Un’immagine spettrale ma, al contempo, una buona notizia, in quanto significa che la stragrande maggioranza ha preso piena consapevolezza di vivere in profonda emergenza e costante pericolo per la propria salute e quella altrui.

Eppure il messaggio non è passato subito e la comunità gelese, onestamente ed un po’ come il resto dei siciliani e meridionali, ha dapprima decisamente sottovalutato la questione. Soprattutto, una parte della popolazione, riguardante le fasce giovanili, continua invero a sottovalutare il fenomeno, con il classico atteggiamento di chi se ne infischia. Un atteggiamento tipico anche nei giovani del nord che reiteravano nel non rinunciare alla movida serale nonostante il focolaio del virus fosse praticamente dietro l’angolo.

E’ il chiaro fallimento dei modelli educazionali, con i genitori che delegano in tal senso sempre più i docenti e la scuola che è diventata nel frattempo sempre più un ente formativo, sviluppandosi e crescendo sul piano progettuale e didattico, ma al tempo stesso è sempre meno un ente educativo, anche perché quando un’insegnante prova ad impartire una consegna educativa all’alunno, ci pensa il genitore di turno a contraddirla giustificando la lamentela del figlio (quasi a recuperare la “carenza” di cui si è responsabili nel delegare ai docenti). Genitori impotenti, dunque, innanzi a giovani che continuano ad uscire di casa senza cura e senza minimamente avvertire il pericolo. Giovani ed adolescenti irresponsabili che coi motorini imperversano lungo le arterie cittadine e bivaccano nei soliti posti di ritrovo, a Macchitella, così come a Caposoprano o al lungomare, nonostante la chiusura di bar e pub.

La strafottenza delle fasce giovanili e l’iniziale sottovalutazione da parte dei gelesi e dei meridionali più in generale, è stata fedelmente testimoniata dai post, tweet e click dei vari social network. Comunità virtuali gelesi si sono viste bombardare dai commenti più disparati, sfrenati anche negli spunti satirici. I cinesi hanno chiuso i social il 31 dicembre scorso, lo stesso giorno in cui hanno annunciato al mondo che c’era un virus sconosciuto in circolo. Laddove nelle scelte governative, attraverso la collaborazione continua con il comitato scientifico, così come nelle continue dirette nei media radiotelevisivi tradizionali con la presenza perenne di scienziati, è tornato “il primato della scienza”, nei social invece le fake-news, i commenti fuorvianti, le teorie approssimative, dilagavano. Successivamente i social network si sono visti costretti a correre ai ripari.

Sullo sfondo della vicenda del coronavirus è diventato virale un video in cui è stato preso di mira il primario dell’ospedale di Gela. Il discorso si è così spostato, fra le diverse direzioni, anche alla condizione del nosocomio gelese. Gela, che è la sesta città siciliana, ha un presidio ospedaliero che sulla carta è “Dea di primo livello” ma che è sfornito di tamponi, di terapia intensiva e con un reparto di malattie infettive che non si sa ancora se in effetti è rimasto chiuso o è stato formalmente riaperto (nella sostanza, però, in quali condizioni di efficienza?). Il personale, da quanto trapela, è pronto ad affrontare il peggio, ma il deficit strutturale non si può nascondere e la speranza, diciamola tutta, è che la pandemia risparmi questo disgraziato lembo di terra, condannato ad elemosinare servizi per totale incapacità della propria classe politica. Intanto, nel momento in cui scriviamo, giunge notizia di un caso sospetto che potrebbe anche rivelarsi di coronavirus, secondo quello che dirà l’esito del tampone a Caltanissetta, dove il gelese è stato trasferito con ambulanza dal pronto soccorso dell’ospedale cittadino.

Peraltro, non sono mancati gli scivoloni, anche in questi giorni in cui il coronavirus non ha ancora interessato la città. Basti pensare all’ordinanza sindacale che vietava il mercato settimanale ma non anche il mercatino rionale di via madonna del rosario. Qualcuno avrà poi suggerito al sindaco che nell’impossibilità di recarsi al mercato settimanale, i gelesi si sarebbero riversati in massa, altro che semplice assembramento, nel mercato rionale e quindi il sindaco ha poi giustamente provveduto a chiudere anche quest’ultimo. Rimangono, però, ambulanti nelle strade: un fenomeno che quest’amministrazione non è riuscita a debellare, persino in un momento delicato per la salute pubblica come quello attuale.
Certo, i cittadini devono fare la loro parte. Occorre grande senso civico.

E’ quello che si chiedeva, soprattutto, ai tantissimi che si trovavano per ragioni di lavoro e di studio nella zona rossa, quella del focolaio ed immediate vicinanze. Gelesi che si sono catapultati, quasi ad emulare le invasioni barbariche, in città. Un rientro che ha portato con sé, dichiaratamente, il rischio di allargare il contagio anche a noi, per quanto lontanissimi dal focolaio. Un rientro di cui si è parlato molto, tra giudizi critici e difensivi, ma al contempo che è stato poco avvertito, se non nulla. In migliaia sono rientrati e quasi quasi non ce ne siamo accorti. Un segnale positivo? Negativo? Lo sapremo solo nelle prossime settimane. Intanto, per chi di costoro non avesse ancora provveduto – e reiteriamo ottimisticamente nel ritenere che siano solo una minoranza – è essenziale andare dal medico curante e farvi mettere in quarantena (con tanto di certificato del medico), registrandovi nell’apposito sito web. E’ il caso soprattutto di chi è rientrato con i propri mezzi autostradali e non attraverso i mezzi pubblici di trasporto (bus, treni, aerei).

Senso civico e coraggio. Anche paura, volendo, perché la paura aiuta ad essere poi coraggiosi oltre che attenti e concentrati. Paura, non panico. E’ inutile invadere ipermercati, supermercati e discount. Il coronavirus non alimenta appetito. E se devi stare a casa, ti è comunque consentito di uscire a fare la spesa, preferibilmente uno per volta, al massimo due con il conducente e l’altro/a in auto dietro, cioè nei sedili posteriori. Il governo lo ha detto a chiare lettere: i generi alimentari restano aperti ed il trasporto delle merci, anche non di prima necessità, non ha alcuna limitazione.

Ci sarà quindi sempre merce negli scaffali se si continua ad andare a fare la spesa regolarmente, senza accaparrarsi di tutto e di più. Ciò vale per i beni di prima necessità ed anche per i beni e servizi accessori: dal pane allo sciroppo, dall’assicurazione da rinnovare alla lettera da spedire, dal giornale e/o rivista alla copia di una chiave, dalle sigarette alla lampadina che si fulmina, dai detergenti agli indumenti da lavare e/o stirare e via discorrendo.

Per il resto, vi ribadiamo sinteticamente le principali raccomandazioni: in presenza dei sintomi si deve chiamare il numero telefonico 1500. In presenza di sintomi simili all'influenza, non ci si deve recare al pronto soccorso o dal medico di famiglia, ma contattare quest'ultimo, il pediatra nei casi di bambini, ovvero ancora la guardia medica. Quindi si deve restare a casa e procedere al "triage" telefonico con i soggetti sopra menzionati. E' fatto divieto assoluto di uscire da casa per i positivi al virus, ma che non necessitano di essere ospedalizzati.

Per tutti, positivi o non, è severamente vietato lo spostamento nell'intero territorio nazionale ed all’interno dei comuni, con uniche eccezioni, corredate da autodichiarazione scaricabile dal sito del ministero dell'interno o reperibile negli stessi posti di blocco stradali, rappresentate da: a) comprovate esigenze lavorative; b) situazioni di necessità; c) motivi di salute. In caso di esigenze lavorative oltre all'autodichiarazione, va esibita anche una attestazione rilasciata dal datore di lavoro. Le situazioni di necessità comprendono lo spostamento per sussistenza (come andare a fare la spesa nei negozi più vicini), lo spostamento per congiungere parenti malati, lo spostamento per esigenze fisiologiche o veterinarie del proprio animale domestico, infine lo spostamento per attività sportiva o motoria all'aperto, mantenendo la distanza di almeno 1 metro dagli altri. E che Dio ce la mandi buona.